Gli scienziati stanno proponendo spiegazioni alternative per la grande crisi in cui caddero le comunità che popolavano l’Europa alla fine dell’Età del Bronzo.
Infatti, ci si sta sempre più convincendo che la responsabilità del sensibile calo demografico che afflisse in quel periodo il Vecchio Continente non sia, dopo tutto, da attribuire, come finora è stato fatto, agli improvvisi cambiamenti climatici.
Gli archeologi e gli scienziati del clima delle Università anglosassoni di Bradford e di Leeds e delle irlandesi University College Cork (UCC) e Queen University di Belfast, con una ricerca congiunta, concordano nel ritenere che i cambiamenti climatici, apparsi concomitanti con una brusca e improvvisa diminuzione della popolazione europea, in realtà si verificarono almeno due generazioni più tardi.
I risultati del loro studio, pubblicati sugli Atti della National Academy of Sciences, mostrano che la densità della presenza umana iniziò a diminuire dopo il 900 a.C.
Ma le prove climatiche, di contro, mostrano che le condizioni più fredde ed umide non cominciarono a verificarsi che due generazioni dopo.
Le influenze del clima, quindi, sarebbero da mettere da parte.
Allo scopo di individuare date precise che indicassero un importante calo demografico, il team
ha utilizzato nuove tecniche statistiche per analizzare oltre 2000 datazioni al radiocarbonio tratte da centinaia di siti archeologici in Irlanda.
Quindi i ricercatori hanno esaminato i dati climatici dell’Irlanda di quel lontano periodo, desumendoli dalle torbiere, e confrontandoli con i dati archeologici, per cercare una corrispondenza, confrontando poi il risultato con prove del cambiamento climatico che aveva interessato l’Europa nord-occidentale tra il 1200 e il 500 a.C.
“I risultati ottenuti mostrano definitivamente che la diminuzione della popolazione in questo periodo non può essere stata causata da cambiamenti climatici”, afferma decisamente Ian Armit, docente di Archeologia presso l’Università di Bradford e autore principale dello studio.
“Abbiamo individuato prove evidenti di un rapido cambiamento climatico verso condizioni molto umide esattamente intorno al 750 a.C.”, ribadisce Grame Swindles, professore associato di Dinamiche del Sistema Terra presso l’Università di Leeds.
Ma allora, se si esclude il clima, cosa accadde realmente?
Secondo Armit, l’improvviso e diffuso calo della popolazione trova una più probabile spiegazione in uno stato di stress sociale ed economico, piuttosto che in variazioni climatiche.
Per le comunità che producevano bronzo si era reso necessario estendere il commercio su distanze molto lunghe, per entrare in possesso di rame e stagno. Il controllo di queste reti commerciali aveva consentito la crescita di complesse società gerarchiche, dominate da una élite guerriera.
Quando la produzione del ferro soppiantò quella del bronzo, queste reti non ressero più e crollarono, portando a conflitti diffusi e al collasso sociale.
Le condizioni di instabilità sociale, anziché climatica, possono essere state le vere cause del crollo della popolazione alla fine dell’Età del Bronzo.
Per Katharina Becker, docente presso il Dipartimento di Archeologia della UCC, la Tarda Età del Bronzo coincise piuttosto con un momento di abbondanza, contro l’impoverimento che caratterizzò invece la prima Età del Ferro.
“Anche se il cambiamento climatico non è stato il diretto responsabile del crollo, è probabile che le condizioni climatiche avverse abbiano colpito pesantemente l’agricoltura”, aggiunge prudenzialmente Armit. “Questo sarebbe stato un duro colpo per le comunità più deboli, che avrebbe impedito il recupero delle popolazioni per diversi secoli”.
I risultati ottenuti possono essere d’aiuto, negli odierni dibattiti sul cambiamento climatico che – sostiene Armit – spesso è troppo veloce per poterlo collegare a variazioni nella popolazione.
“L’impatto del cambiamento climatico sugli esseri umani è un grosso problema, quando si ha a che fare con le temperature che aumentano a livello globale”, dice Armit. “Spesso, esaminando il passato, siamo inclini a collegare le conseguenze di un cambiamento climatico con cambiamenti nelle popolazioni. In realtà, solo se si dispone di dati di alta qualità e si applicano moderne tecniche di analisi, si ottiene un quadro più chiaro del complesso rapporto uomo/ambiente”.