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Resistere al global warming? Per le piante è una questione genetica

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 07.10.2014

L’ultimo lavoro di Matthew Fitzpatrick, ricercatore presso la University of Maryland, indaga il modo in cui piante ed alberi si preparano ad affrontare la grande sfida del nostro secolo: quella dei cambiamenti climatici.

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Di fronte all’incedere, apparentemente inarrestabile, di un fenomeno che con sé porta ripercussioni con cui anche l’uomo comincia, seppur lentamente, a fare i conti, -basti pensare ad incremento delle temperature, stagioni quantomeno inusuali ed improvvise piogge torrenziali con annesse inondazioni, la maggior parte degli organismi viventi può rispondere in tre modi: adattandosi, estinguendosi o migrando.

La maggior parte, dicevamo, non tutti. Le piante, ancorate al suolo mediante un apparato radicale molto corposo che, oltre a garantire loro la possibilità di reperire nutrienti essenziali, esercita un’importantissima funzione idrogeologica trattenendo il terreno, e stabilizza il ph della rizosfera fornendo così i presupposti per un corretto lavoro dei microrganismi, non si spostano, o almeno non lo fanno nel modo che a noi risulta consueto.

Adattarsi a condizioni ambientali mutevoli ed in costante evoluzione diventa così l’unica strada percorribile. Ma quanto ci vuole ad adeguarsi?E soprattutto, le probabilità di successo sono uguali per tutti?

A queste domande prova a rispondere il recente studio condotto da Università del Maryland ed Università del Vermont, il quale presenta un metodo innovativo che, combinando analisi genetiche ed approcci modellistici, sembra in grado di riuscire a prevedere il modo in cui gli organismi risponderanno ai cambiamenti climatici.

Gli scienziati hanno studiato il fenomeno sul pioppo balsamico (Populus balsamifera), pianta legnosa a rapido accrescimento il cui areale copre la fascia più settentrionale del Nordamerica, dal 42° al 68° parallelo.

Gli scienziati hanno campionato il codice genetico di 400 piante provenienti da 31 località sparse per il Nord America, e la risultante variabilità a livello genetico è stata rappresentata ed elaborata con l’ausilio di tecniche di modellizzazione, allo scopo di mappare la distribuzione, a livello delle varie popolazioni di pioppo balsamico, dei geni maggiormente utili a resistere il cambiamento, e localizzare così i punti in cui, ad oggi, gli alberi hanno le maggiori probabilità di sopravvivere alle temperature in continuo aumento.

La maggior parte degli studi di settore ha finora cercato di prevedere la risposta comportamentale dei vegetali al cambiamento climatico in maniera prettamente geografica ed i risultati hanno in gran parte suggerito come, al fine di sfuggire il riscaldamento globale, la tendenza diffusa sia quella di uno spostamento sempre più a nord.

“Il problema con questo tipo di approccio”, spiega l’autore principale Fitzpatrick, “è che assume che tutti gli individui all’interno di una specie siano identici. Un po’ come dire che tutti gli esseri umani risponderanno in maniera analoga ad una malattia”.

In realtà non tutti gli organismi rispondono in maniera analoga, e dunque se alcuni pioppi sono semplicemente meglio adattati, geneticamente parlando, a gestire l’incipiente processo di riscaldamento e cambiamento climatico, altri lo sono di meno, esattamente come, di fronte ad una malattia, alcune persone partono con più probabilità di sopravvivere rispetto ad altre.

Studiare l’adattamento locale degli individui a livello molecolare significa identificare quali geni siano coinvolti nella risposta ai cambiamenti climatici ed analizzare il modo in cui essi variano all’interno di una popolazione. Aggiungere l’informazione geografica, e conoscere pertanto, in anticipo e con precisione, i luoghi in cui l’adattamento sarà diffuso, e le aree più deboli ed a rischio, consentirà quindi di saldare ulteriormente il legame conoscitivo esistente tra la biologia degli organismi e la loro capacità di adattamento al clima.

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