Parlando di clima, si è indotti a ritenere, talvolta immotivatamente, che una certa regione del mondo sia ‘sempre’ stata caratterizzata – poco più poco meno – dal clima che la caratterizza attualmente, per cui le città africane sarebbero state sempre calde, le zone costiere avrebbero goduto di climi temperati e il settentrione della Terra sarebbe sempre stato coperto di ghiacci.
Ora, su questo tema un team di scienziati statunitensi si è soffermato sull’avverbio ‘sempre‘,
giudicando quanto questo ‘sempre‘ sia inappropriato, anzi sbagliato, trattandosi di definire periodi di tempo lunghissimi come sono i periodi geologici.
In modo particolare, è stato osservato che l’Olocene, il periodo in cui viviamo attualmente e durato finora più di 11000 anni, non è mai stato studiato a fondo e preso in considerazione al di fuori di questa espressione temporale, senza pensare che il clima arido della California, le coste temperate della Florida, le estati calde e gli inverni rigidi sono iniziati solo da 4000 anni a questa parte. E prima di 4000 anni fa quali erano le tendenze climatiche?
In sostanza, pare proprio che l’Olocene, da un punto di vista climatico, sia stato esaminato molto poco e comunque non unitariamente.
Ora, una rivista di geoscienze dell’Unione europea, Climate of the Past, ha pubblicato un recente studio sui cambiamenti intervenuti durante l’Olocene nel Sud degli Stati Uniti, estendendo la ricerca su una scala più ampia.
Gli studiosi, appartenenti all’Università della California, Davis, affermano che esistono molte pubblicazioni del passato su singoli luoghi, quindi in maniera frammentaria, senza che nessuno abbia mai affrontato uno scenario globale per la ricostruzione di un quadro generale degli eventi.
“Con il mio team abbiamo cercato di capire le implicazioni su una scala più ampia e quindi deciso di comunicare le nostre conclusioni”, annuncia Hannah Palmer, l’autrice principale della ricerca, dopo l’esame di oltre 40 studi pubblicati che analizzavano l’interazione tra temperature terrestri e marine, idroclima e attività degli incendi.
Lo studio ha rilevato che tra gli 11700 e gli 8200 anni fa, nell’Olocene inferiore – il periodo chiamato anche ultimo periodo glaciale – i mari si erano riscaldati, come pure il nord-ovest del Pacifico, che fu caratterizzato da clima caldo e asciutto ed il sud-ovest, caldo e umido; condizioni che mutarono sensibilmente nel Medio Olocene (8200-4200 anni fa) allorchè sopravvenne il raffreddamento della superficie marina, mentre le regioni oceaniche invertivano la tendenza: il nord-ovest del Pacifico divenne fresco e umido e il clima del sud-ovest cambiò in più asciutto.
Nel Tardo Olocene (4200 anni fa-attuale) il clima mutò ancora tendenza facendosi più variabile e stabilizzandosi in modelli corrispondenti a quelli attuali. In quest’ultima fase, l’Olocene ha visto un’aumento di attività degli incendi, che raggiunsero la loro massima incidenza negli ultimi duecento anni, probabilmente collegati alle attività umane, divenute sempre più invasive.
Lo studio ha di fatto accertato e acclarato il pesante impatto dell’uomo sui cambiamenti ambientali, specie dal 1850 in avanti, in corrispondenza della rivoluzione industriale.
“Le variazioni climatiche ci aprono una finestra sul cambiamento provocato dagli esseri umani”, sostiene Tessa Hill, docente presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dei Pianeti, offrendoci l’opportunità di comprendere quali luoghi potrebbero essere più o meno resistenti ai cambiamenti climatici futuri”.