Gli effetti del riscaldamento climatico non sono sempre ben evidenti agli occhi di tutti e comunque svolgono la loro azione anche a livello microscopico, senza sconvolgimenti spettacolari.
Una recente ricerca, ad esempio, ha rivelato un’azione particolare e poco appariscente che coinvolge le popolazioni lacustri di cianobatteri attraverso micro-cambiamenti ambientali con conseguenze notevoli, nel tempo, per gli ecosistemi.
I cianobatteri, chiamati, anche se impropriamente, alghe azzurre o alghe verdi-azzurre, sono batteri fotosensibili, organismi unicellulari produttori di ossigeno, con buona capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali. Collocati sul gradino più basso della catena alimentare, hanno il loro habitat naturale sia in acque dolci che salate.
Attraverso il nuovo studio sopra citato, è stata notata una aumentata uniformità delle specie che sono presenti nei laghi della dorsale alpina.
Circa un secolo fa, ogni lago aveva una propria caratteristica popolazione di cianobatteri, tipici delle sue acque e diversa da altri laghi.
Oggi, secondo lo studio intrapreso da ricercatori svizzeri e francesi e pubblicato su Nature Ecology & Evolution, le differenze tra le popolazioni cianobatteriche tra i laghi – dal Lago di Costanza al Lago di Ginevra, da Hallwilersee al Lago Maggiore – stanno diventando sempre meno marcate.
Durante la ricerca, analizzando campioni recuperati da dieci laghi peri-alpini, gli scienziati hanno studiato il DNA cianobatterico prelevato da carote di sedimenti di cui si conosceva l’età.
L’analisi statistica dei dati ha rivelato che durante il secolo scorso la composizione delle comunità è diventata sempre più uniforme in tutti i laghi, anche se il numero di specie geneticamente differenziabili in alcuni laghi è addirittura aumentato.
E’ stato notato che dagli anni ’50 la percentuale di specie e generi rari – tipici cioè di pochi laghi – è diminuita, mentre quella dei guppi più comuni – che si trovano, cioè in molti laghi – è aumentata di ben quattro volte.
Sono stati identificati due fattori principali che, a detta degli studiosi, sarebbero alla base di questa tendenza: l’aumento delle temperature e l‘eutrofizzazione di molti laghi, fattori che sarebbero stati determinanti soprattutto negli anni ’60 e ’70.
Temperature più elevate comportano periodi in cui la stratificazione dei fondali si mantiene stabile per più lungo tempo, ovvero si assiste ad una diminuzione di miscelazione nelle acque dei laghi, dato che l’acqua superficiale, più calda e più leggera, non scende sul fondo.
Nel lago di Zurigo, ad esempio, questo ha favorito il predominio dell’alga rossa (Planktothrix rubescens), potenzialmente tossica, i cui fiori rossastri possono dare seri problemi per la potabilità delle acque.
L’autrice principale, Marie-Eve Monchamp, commenta: “In generale, a beneficiare di queste nuove condizioni sembrano essere quelle specie che sono in grado di regolare attivamente il galleggiamento, la propria posizione nella colonna d’acqua e che possono vivere anche con poca luce. Il problema, tuttavia, è che è proprio tra queste che troviamo molte specie tossiche”.
E’ interessante notare che la tendenza all’omogeneizzazione è ancora in corso, nonostante la riduzione delle concentrazioni di fosfati, iniziata dalla metà degli anni ’70.
Gli autori ritengono che questo sia dovuto in parte al fatto che le condizioni ambientali differiscono sempre meno da un lago all’altro.
Altra tendenza registrata è la diminuzione delle differenze di temperatura tra i laghi a sud e a nord delle Alpi.
Infine, le concentrazioni di azoto, l’altro importante nutriente, dagli anni ’70 non hanno subìto variazioni, mantenendosi sempre a livelli elevati.