Da un recente studio, condotto dall’Università britannica di York, è stata registrata la presenza di sostanze farmaceutiche inquinanti nei fiumi di tutto il mondo. Le concentrazioni di questi farmaci nelle località esaminate sono risultate elevate, spesso a livelli tossici estremamente preoccupanti.
Nella ricerca sono stati presi in considerazione 258 fiumi, sparsi un po’ ovunque nel mondo, tra cui il Tamigi a Londra e il Rio delle Amazzoni in Brasile. Ebbene, è stata riscontrata la presenza di ben 61 farmaci, tra cui l’antiepilettico carbamazepina (62 per cento dei campioni analizzati), l’antidiabetico metformina (50 per cento) e caffeina (50 per cento).
Questo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), fa parte di un progetto di monitoraggio globale sull’inquinamento da sostanze farmaceutiche disperse nell’ambiente (aria, terreni e acque), il Global Monitoring of Pharmaceutical Project, che solo negli ultimi due anni si è focalizzato sulle acque dei fiumi.
I ricercatori hanno scoperto che l’inquinamento fluviale riguarda tutti i continenti, ma in modo particolare i Paesi a reddito medio-basso, quelli che hanno una popolazione con una età media elevata e alti tassi di povertà e disoccupazione.
Le attività associate ai livelli di inquinamento più elevati sono quelle che scaricano più frequentemente i rifiuti lungo le sponde dei corsi d’acqua e quelle dove le infrastrutture per lo smaltimento degli scarichi fognari sono spesso inadeguate, soprattutto se situate nelle vicinanze di stabilimenti farmaceutici.
E’ stato comunque rilevato che un quarto dei siti analizzati conteneva contaminanti in concentrazioni potenzialmente dannose.
La gamma dei rifiuti farmaceutici è risultata alquanto varia; si va dai betabloccanti agli antistaminici e ad antibiotici a largo spettro.
Le più alte concentrazioni cumulative di principi attivi farmaceutici sono state osservate nell’Africa sub-sahariana, nell’Asia meridionale e in Sud America.
Di contro, l’Islanda è l’unico Paese dove non è stata trovata traccia di alcuna sostanza fra quelle citate.
I ricercatori si augurano che, incrementando il monitoraggio sulla dispersione dei farmaci nell’ambiente, si possano sviluppare strategie atte a limitare quanto più possibile gli effetti causati da questi inquietanti afflussi.
Tra i fiumi esaminati, oltre a quelli sopra citati, ce ne sono altri, sia che attraversino zone intensamente popolate, come il Mississippi e il Mekong, sia che interessino vaste aree urbanizzate, come le metropoli di Delhi, New York, Lagos, Las Vegas, che siti dove non vengono utilizzati i farmaci più moderni, come, ad esempio, i villaggi più poveri del Venezuela.
Sono state incluse anche aree dove è incerta la stabilità politica, quali Baghdad, Cisgiordania palestinese e Camerun, nonché, per quanto attiene alle diverse condizioni climatiche, i climi alpini di alta quota in Colorado, le regioni antartiche e i deserti tunisini.
L’inquinamento fluviale è presente ovunque.
“Sappiamo da oltre un ventennio che i prodotti farmaceutici possono adattarsi agli ambienti acquatici, andando ad influenzare la biologia degli organismi viventi”, dice il co-autore, leader dello studio, dr John Wilkinson, del Dipartimento dell’ambiente e della geografia di Cambridge. “Dobbiamo però ammettere che i nostri risultati sono parzialmente rappresentativi del problema, dal momento che provengono da aree selezionate in Nord America, Europa occidentale e Cina. Comunque, di positivo c’è che oggi il ventaglio dei paesi è stato allargato di ben 36 unità rispetto agli studi precedenti che includevano soltanto 75 Paesi”.
Gli studiosi suggeriscono che in futuro l’approccio al problema potrebbe essere ampliato alla inclusione di altri mezzi ambientali afflitti da problemi relativi all’inquinamento, quali sedimenti, suoli e biota, i cui dati, complessivamente, costituirebbero, una volta assemblati in un set chiaro e accessibile per tutti gli studiosi, un archivio da poter consultare e utilizzare a livello mondiale.