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Lo scioglimento del ghiaccio polare innescherà un aumento dei gas serra in atmosfera

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 14.08.2011

Ghiacci dell'ArticoGli scienziati continuano a mettere in guardia dalle conseguenze del riscaldamento globale, che è già pesantemente in atto. Ora è il turno di Michael N. Gooseff, un idrologo della Penn State University, che ha detto che il ghiaccio e il terreno ghiacciato (permafrost) presso il Polo Nord e e il Polo Sud sono già affetti dai cambiamenti climatici indotti dal riscaldamento. In particolare, il Polo Nord sembra per ora più vulnerabile e sta velocemente andando incontro al degrado del suo originale habitat. Le conseguenze sono il dissesto idrogeologico e il rilascio di massicce quantità di gas serra nell’atmosfera.

“Le regioni polari, in particolare l’Artico, si stanno riscaldando più velocemente che il resto del mondo,” ha detto Michael N. Gooseff, professore associato di ingegneria civile e ambientale,  ai partecipanti della riunione annuale dell’Ecological Society of America a Austin, Texas lo scorso 11 agosto. “E come conseguenza, gli ecosistemi polari rispondono direttamente alle modifiche climatiche e geologiche dei poli”.

Questi cambiamenti, anche se diversi per ogni polo, potrebbero avere conseguenze significative per quanto riguarda gli effetti non solo sull’ambiente locale, ma anche a livello globale. Mentre la parte centrale della regione artica è composta da ghiaccio che si trova sull’acqua, il nord del Canada, l’Alaska, la Siberia e la Groenlandia hanno tutti masse di ghiaccio al di sopra del Circolo Polare Artico. Gli ecosistemi associati di terra e marini sono affetti dallo scioglimento dei ghiacci e dallo scongelamento dei suoli, ma in Antartide, dove gran parte del ghiaccio è sovrapposto al continente, il riscaldamento altera direttamente i ruscelli, i laghi e flora e fauna che vi abitano.

“Il nostro interesse per il nord del mondo è in parte perché è abitato, ma anche perché il ghiaccio del Polo Nord è più vulnerabile”, ha detto Gooseff. “Le temperature, la neve e la pioggia in tutta la tundra cambiano di anno in anno. Ad ogni nuova stagione, sappiamo che inizierà a nevicare più tardi rispetto all’anno prima.”

Nell’Artico, dove c’è un più immediato riscontro del riscaldamento, il permafrost, lo strato di terra che di solito rimane congelato durante gli eventi annuali di scongelamento, si sta inesorabilmente degradando. Ciò che rimane è un’area paludosa, un paesaggio irregolare con una superficie disturbata. La pioggia o la neve, quando scongelano, possono erodere questa superficie portando fango e sedimenti nei corsi d’acqua, cambiando i percorsi di fiumi e torrenti. Colate detritiche sono anche un evento comune nelle aree degradate del permafrost.

“Le alghe, gli insetti e i pesci devono affrontare questo aumento del livello di sedimenti”, ha detto Gooseff.

Mentre i terreni rimangono liberi dal ghiaccio più a lungo, le piante continuano il loro normale ciclo dettato dalla durata e l’intensità della luce del giorno, che non è cambiata. I microbi possono continuare a creare sostanze nutrienti, ma le piante non li usano. Quindi, quando arriva la pioggia i nutrienti si riversano nei fiumi e nei torrenti.

“Questo è esattamente ciò che stiamo osservando”, ha detto Gooseff. “Nel mese di settembre e ottobre si vede un notevole aumento di sostanze nutritive nell’acqua. Le concentrazioni di nutrienti aumentano di molte volte , come nel caso dei nitrati e dell’ammonio”.

Un altro problema provocato dalla degradazione del permafrost è il rilascio del carbonio che è stato permanentemente intrappolato nei materiali organici presenti nel terreno ghiacciato. Di conseguenza, il riscaldamento libera anidride carbonica e metano nell’atmosfera.

Il clima terrestre è legato ad un delicato bilancio tra la quantità di energia solare che arriva sulla Terra e quella che viene trattenuta dai gas a effetto serra presenti nell’atmosfera. Da tempo gli scienziati si sono resi conto che i gas serra che l’uomo sta immettendo in atmosfera, come l’anidride carbonica dovuta alla combustione dei combustibili fossili o il metano prodotto dai pascoli estensivi di bovini, stanno pesantemente alterando questo bilancio.

Ora la preoccupazione dei ricercatori è che il riscaldamento potrebbe innescare un aumento esponenziale di CO2 in atmosfera. “Si stima che il permafrost contenga il doppio della quantità di carbonio presente attualmente nella nostra atmosfera”, ha detto Gooseff.

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