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Petrolio: associazioni ambientaliste e senatori PD contro decreto “Cresci Italia”

Le associazioni ambientaliste e alcuni senatori del PD hanno chiesto di abrogare l'articolo relativo alle estrazioni petrolifere del decreto "Cresci Italia" del ministro Passera

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 09.10.2012

Nel 2010 dopo il disastro petrolifero della BP nel Golfo del Messico con il ministro Prestigiacomo venne approvato un decreto legge che bloccava un serie di procedimenti di prospezione e estrazione di petrolio in mare. Oggi quel decreto viene cancellato dall’articolo 35 del decreto “Cresci Italia” che estende a tutta la fascia costiera la zona off limits delle 12 miglia per le nuove richieste di estrazione di idrocarburi a mare, ma fa anche ripartire tutti i procedimenti per la prospezione, la ricerca e l’estrazione di petrolio. Contro questo articolo si schierano le associazioni ambientaliste, Wwf Legambiente e Greenpeace insieme con Aspo Italia (Associazione per lo studio del picco del petrolio, del gas e delle materie prime), Agci-Agrital (associazione generale delle cooperative italiane) e i senatori firmatari di un disegno legge per abrogare l’articolo 35.

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Un parte dell’Italia non ci sta con la politica sul petrolio proposta dal Ministro Passera. Investire sul petrolio oggi, considerate le scarse risorse petrolifere del nostro Paese, significa guadagnare per pochi anni creando un numero di posti di lavoro certamente inferiore a quello che produrrebbe l’economia delle rinnovabili, che non è un’economia ad esaurimento come quella del petrolio.

Le associazioni ambientaliste e i senatori del PD Francesco Ferrante, Roberto Della Seta, Daniela Mazzuconi e Antonio D’Alì chiedono che l’articolo venga abrogato anche perchè le trivellazioni comportano un serio rischio per un area marina grande come la Sicilia e mette a rischio le aree protette e zone di altissimo pregio ambientale.

Un colpo di spugna che potrebbe dare il via libera ad almeno 70 piattaforme di estrazione di petrolio che si sommerebbero alle 9 già attive nel mare italiano per un totale di 29.700 kmq di mare tra Adriatico centro meridionale, Canale di Sicilia, mar Ionio e golfo di Oristano, praticamente una superficie più grande della Sicilia.

“Tra il 2000 e il 2010 la dipendenza dell’Italia dal petrolio per la produzione di energia elettrica è passata dal 30% al 3%, mentre è in crescita il ricorso alle energie rinnovabili – spiega Giorgio Zampetti, responsabile scientifico Legambiente – Il tempo è quindi maturo per fare il salto di qualità anche se c’è ancora la questione dei trasporti su cui lavorare. A questo si aggiungono i 250.000 posti di lavoro che il settore delle rinnovabili creerà nei prossimi 20 anni, a fronte dei 25.000 che verrebbero dal settore del petrolio nei prossimi 14 anni”.

Secondo i dati delle associazioni ambientaliste il nostro Paese è al 49° posto per la produzione di petrolio e la produzione italiana equivale allo 0,1% di quella globale.
Secondo le ultime stime del ministero dello Sviluppo economico, ci sarebbero nei nostri fondali marini 10,3 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe. Stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane.

Ma l’Italia attira i petrolieri per un altro motivo: le royalties. Infatti le prime 20 tonnellate di petrolio prodotte in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni in mare sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato; le royalties sul prodotto estratto sono le più basse al mondo e sulle 59 società operanti in Italia nel 2010 solo 5 le pagavano. Nel decreto ‘Cresci Italia’ l’incremento delle royalties è dal 7% al 10% per il gas e del 4% al 7% per il petrolio, mentre nel resto del mondo si applicano royalties che vanno dal 20% all’80% del valore degli idrocarburi estratti.

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  • Lorenzo scrive:

    Ip presidente della Commissione: D’Alì è del PDL e stamane ha detto che l’intera Commissione Anbiente è per l’abolizione dell’art. 35