Gaianews

Risolto l’enigma delle ‘polinie’ in Antartide

Scritto da Leonardo Debbia il 27.05.2019

Un nuovo studio ha svelato le origini di un fenomeno conosciuto dai navigatori polari fino dal 19° secolo ma studiato solo da circa quarant’anni: la presenza di una polinia, ossia un’area oceanica priva di ghiaccio, comparsa nella superficie ghiacciata della calotta antartica circa due anni fa, verso la metà di settembre, all’inizio di un periodo più freddo, in cui il ghiaccio, di norma, non avrebbe dovuto sciogliersi.

Uno studio, condotto da Diana Francis, ricercatrice della New Yok University Abu Dhabi (NYUAD), Emirati Arabi, ha studiato il fenomeno e chiarito, una volta per tutte, il ‘mistero’ delle sue origini.

Ma cos’è precisamente una polinia?

Per i geografi, si tratta di un’ampia porzione di acqua marina libera dai ghiacci, un gigantesco ‘buco nel ghiaccio’, circondata com’è dalla banchisa, designata con un termine di origine russa con cui viene descritto come un’apertura naturale del ghiaccio, la cui formazione non era finora sufficientemente compresa.

Due, sostanzialmente, erano i processi che si ipotizzava concorressero alla genesi delle polinie, interessanti entrambi le zone polari, sia l’artica che l’antartica: 1) la risalita di acque calde profonde; 2) l’azione di venti catabatici (venti, cioè, che soffiano dall’alto verso il basso) o correnti oceaniche che, spostando ambedue con continuità il ghiaccio, ne favorivano lo scioglimento.

La polinia Maud-Rise, in Antartide, è stata avvistata a metà settembre 2017 al centro di un ghiacciaio nel Mar Lazarev e ha spinto i ricercatori ad interrogarsi sulle cause per cui potesse essersi verificato il fenomeno proprio all’inizio dei mesi invernali, quando le temperature sono più fredde, in una zona in cui il ghiaccio era più denso e compatto.

A causa della difficile posizione di accesso all’area, gli scienziati del NYUAD hanno quindi combinato osservazioni satellitari e dati da analisi indirette per scoprire che le cause della formazione di queste ‘finestre’ nella coltre ghiacciata sono i forti venti ciclonici classificati ‘di categoria 11’ (tempesta ciclonica violenta, sulla scala di misurazione Beaufort) o anche superiore che, abbattendosi con furia sul ghiaccio, ne provocano lo spostamento e favoriscono le condizioni per l’apertura di una polinia.

Al momento della scoperta, la polinia Maud-Rise aveva un’estensione approssimativa di 9500 chilometri quadrati (equivalente allla massa continentale dello stato del Connecticut), ma in un mese crebbe di oltre il 740 per cento, raggiungendo gli 800mila chilometri quadrati.

Con il tempo e il ritiro progressivo del ghiaccio, all’inizio dei mesi estivi australi, la polinia si è trasformata gradualmente in una lunga via d’acqua che, solcando il ghiaccio, ha collegato la zona con il mare aperto.

Prima del 2017 questo fenomeno era stato seguito solo negli anni ’70, quando le osservazioni satellitari iniziavano ad essere usate con una certa frequenza, e da allora aveva lasciato gli scienziati con più domande che risposte sulla sua effettiva origine ed evoluzione.

La polinia è una vera e propria finestra spalancata nel ghiaccio marino, che trasferisce enormi quantità di energia, durante l’inverno, tra l’oceano e l’atmosfera”, commenta la Francis. “A causa delle ampie estensioni, le polinie sono spesso in grado di infuenzare il clima della regione in cui si formano, con soventi ripercussioni anche sul clima globale, allorchè vanno a modificare la circolazione oceanica. Per noi, è importante conoscere i fattori che scatenano la loro comparsa, al fine di migliorarne la rappresentazione nei modelli e nei loro effetti sul clima.

Dato il legame tra polinie e cicloni dimostrato dal nostro studio, si teme che questi eventi possano diventare sempre più frequenti, in climi che tendono a divenire più caldi, dato che queste aree aumentano l’esposizione a cicloni più intensi.

Studi precedenti avevano dimostrato che in un clima più caldo l’attività del ciclone polare si intensifica e la pista dei cicloni extratropicali si sposta ancor più verso l’Antartide, e questa tendenza potrebbe avere come conseguenza immediata la riduzione dell’estensione dei ghiacci e provocare la genesi di polinie più vicine alla zona di formazione dei cicloni”, conclude la studiosa.le

© RIPRODUZIONE RISERVATA