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Scoperti “buchi neri” nell’oceano Atlantico

Scritto da Leonardo Debbia il 25.09.2013

Secondo i ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo (ETH) e dell’Università di Miami, alcuni dei più grandi vortici oceanici della Terra sono matematicamente equivalenti ai misteriosi buchi neri dello spazio.

Questi vortici sono così strettamente schermati da correnti d’acqua circolari che tutto ciò che viene a contatto con loro non può più sfuggire.

Gli inverni del Nord Europa sono miti grazie alla Corrente del Golfo, che agisce in senso positivo sul clima. Tuttavia il nostro clima è influenzato anche da enormi vortici di oltre 150 chilometri di diametro che vanno alla deriva attraverso l’oceano. Il loro numero appare in  aumento nell’Oceano Antartico, con trasporto di acque calde e più salate verso Nord. 

Questo trasferimento d’acqua, che si lascia alle spalle acque fredde, potrebbe avere risvolti positivi per il clima, dato che ridurrebbe lo scioglimento dei ghiacciai in Antartide. 

Matematicamente parlando, i vortici oceanici sono omologhi ai buchi neri nello spazio. (fonte: Haller / ETH Zurigo)

Matematicamente parlando, i vortici oceanici sono omologhi ai buchi neri nello spazio. (fonte: Haller / ETH Zurigo)

Pare, tuttavia, che i confini esatti di questi vortici non siano facilmente osservabili.

Questi potenziali buchi neri erano stati in precedenza documentati nel novembre 2006 e nel febbraio 2007.

Sul tema, George Haller, docente al Politecnico di Zurigo e Francisco Beron-Vera, oceanografo dell’Università di Miami, hanno pubblicato un loro studio sul Journal of Fluid Mechanics, sviluppando una nuova tecnica matematica per individuare questi vortici.

I due ricercatori, isolando questi vortici da una sequenza di osservazioni satellitari, intendevano individuare ‘isole d’acqua coerenti’ in un oceano turbolento.

La sorpresa è stata scoprire una equivalenza matematica con i buchi neri dello spazio.

Come la luce all’interno di un buco nero si muove in moto circolare senza poter entrare nè uscire, così, secondo i ricercatori, si comporterebbero le particelle di un fluido all’interno di questi vortici, muovendosi in circuiti chiusi, senza la possibilità che qualsiasi cosa dall’interno sfugga dalle barriere interposte. 

Qualunque oggetto, quindi, olio, rifiuti, plancton, verrebbe ‘trasportato’ nell’oceano, anche attraverso le normali correnti.   

E questa – dicono gli scienziati – è una cosa veramente sorprendente.

Haller e Beron-Vega hanno verificato che nell’Oceano Meridionale un gruppo di vortici emerge regolarmente al largo della punta meridionale dell’Africa, identificandone sette nella zona delle Agulhas che hanno trasportato masse d’acqua senza perdite per quasi un anno.

Haller sottolinea che questo fenomeno può accadere anche in altri fluidi che non sia il mare e cita l’esempio della Grande Macchia Rossa sul pianeta Giove, che potrebbe essere paragonata ad un vortice del tipo ‘buco nero’.

Pare che l’idea del vortice d’acqua come ‘isola d’acqua coerente’ sia stata suggerita ai due scienziati da Edgar Allan Poe con il suo racconto “Una discesa nel Maelstrom”, dove viene descritta una cintura di schiuma che protegge il vortice.

Dopo la pubblicazione dei due ricercatori, Josefina Olascoaga, oceanografa alla Miami University, ha testato il nuovo metodo matematico, scoprendo realmente un vortice nel Golfo del Messico. 

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