Il WWF chiede all’Europa di occuparsi maggiormente dei pescatori che lavorano nel Mediterraneo e del suo delicato habitat, destinando maggiori risorse a quest’area. La richiesta avanzata in un incontro ufficiale con il Commissario europeo per la Pesca e gli Affari Marittimi, Maria Damanaki, è partita dalla constatazione che 6 pescatori europei su 10 lavorano nel Mare Nostrum, e che però la politica comunitaria considera il Mediterraneo una specie di Cenerentola, secondo il WWF. Ma i dati sul territorio dicono un’altra cosa: circa il 50% della flotta UE è nella regione e garantisce il 60% di occupazione dell’intero comparto. Inoltre, l’impoverimento dell’ambiente marino dovuto al sovrasfruttamento e all’assenza di regole comuni sta impoverendo anche chi vive di pesca.
In un incontro ufficiale che si è svolto oggi presso la sede del WWF a Roma con il Commissario europeo per la Pesca e gli Affari Marittimi, Maria Damanaki, l’associazione ha sottolineato l’urgenza di porre al centro della riforma delle politiche europee per la pesca la sostenibilità nel Mediterraneo ed il recupero degli stock ittici. L’ incontro è stato uno dei primi passi dell’associazione in vista della riforma che l’Unione dovrà attuare entro il 2012.
Se esiste ancora uno spiraglio di speranza per ridare vitalità al settore pesca in Europa, occorre predisporre un approccio radicalmente nuovo e
tagliato su misura rispetto alle esigenze del Mediterraneo - ha dichiarato Sergi Tudela, responsabile dellUfficio Mediterraneo del WWF -. Per troppo tempo l’UE ha abbandonato sia i pescatori sia le stesse risorse di pesca del Mediterraneo. E’ giunto il momento di riequilibrare la situazione prima che sia troppo tardi.
Grazie alle molteplici e diverse attività di pesca, il Mediterraneo contribuisce con circa il 50% dello flotta complessiva dell’Unione Europea e
garantisce il 60% di occupazione dell’intero comparto europeo specifico. Ovvero, 6 pescatori su 10 in Europa lavorano nel Mare Nostrum. Nonostante ciò questa regione è sempre stata considerata qualcosa di estraneo rispetto ai decisori politici europei che hanno dato al Mediterraneo finora scarsa priorità e basso profilo nella politica della pesca comunitaria.
Per quasi due decenni la cosiddetta Politica Comune della Pesca (PCP) dell’UE non è riuscita a gestire in modo sostenibile la pesca nelle acque
europee del Mediterraneo e le attività svolte sono state trattate come un caso a parte rispetto al resto dell’Europa, con regole e complessità tutte
sue.
Il risultato è stato una continua e costante cattiva gestione, la mancanza di applicazione delle leggi previste, e anni ed anni di pesca
eccessiva nel Mediterraneo: tutto questo ha provocato un impoverimento degli stock ittici e dei profitti dei pescatori stessi. Lo dimostrano i dati
valutati dal Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico della Commissione per la Pesca dellUE nel report 2010 che ha verificato come 32 su 36 degli stock ittici del Mediterraneo siano ormai sovrasfruttati, a causa di una gestione inappropriata e alla lunga fallimentare.
Né l’ecosistema mediterraneo né le risorse di pesca né i pescatori e la società intera, possono affrontare un nuovo fallimento della politica
comunitaria. Il degrado del nostro patrimonio ittico è alle soglie del punto di non ritorno e questa potrebbe essere lultima chance, ha dichiarato
Marco Costantini, responsabile pesca del WWF Italia -. Questo è ancora più urgente in un contesto Mediterraneo che sta affrontando la crisi politica che conosciamo. La riforma della politica europea della pesca è rilevante anche per gli altri paesi del Mediterraneao poiché le flotte EU sono tra quelle che sfruttano maggiormente le risorse condivise. Le modifiche che chiediamo sono la base per garantire maggiore equità nellaccesso a risorse comuni. E per noi ulteriore responsabilità dei paesi UE quella di sostenere una governance della pesca più efficace e sostenibile nel mediterraneo.
Il WWF ha accolto oggi il Commissario Maria Damanaki nella sua sede centrale a Roma alla presenza del direttore generale e degli esperti di pesca e biodiversità dellassociazione che hanno sottolineato la necessità di una nuova cornice operativa per la pesca nel Mediterraneo focalizzata sulla gestione dello sforzo di pesca e che ridimensioni la flotta e i giorni di attività in relazione alla necessità di recupero delle risorse di pescato
ancora esistenti.
Abbandonare l’approccio dei due pesi e due misure tra la pesca nell’Atlantico e quella nel Mediterraneo, potrebbe fare la differenza ha
concluso Marco Costantini -. Tutta la pesca dell’UE deve essere soggetta a processi formali e centralizzati con standard condivisi rispettando le
specificità regionali. Una nuova struttura di gestione del Mediterraneo deve svilupparsi secondo gli stessi standard di conservazione pari agli schemi operativi già da tempo stabiliti per l’Atlantico e il WWF auspica che il Commissario Damanaki punti a questo risultato.
Il WWF sostiene inoltre che tutta la pesca europea, in tutti i mari europei debba sottostare a Programmi di Gestione a lungo termine (LTMP) che coinvolgano tutti i portatori di interesse con l’obbligo di definire standard comuni di conservazione europei e che rispettino le regole e
scadenze concordate. La gestione della pesca nel Mediterraneo deve essere anche capace di adattarsi rispetto ai risultati di regolari controlli
basati su pareri scientifici. Una gestione delle aree di pesca basate su una Valutazione di Impatto Ambientale, ad esempio, impedirebbe di impattare su habitat e specie protette oltre a conservare lecosistema marino a beneficio di tutti.