Il boom minerario australiano è in continua espansione, grazie soprattutto all’incessante domanda di minerali della Cina. Decentralizza le ricchezze, fa lievitare i salari e genera crescente benessere economico per gli uomini, ma complica la vita a balene e koala. L’Unesco sta cercando di capire se lo sviluppo mercantile ed energetico dell’area nord-occidentale, le conseguenti movimentazioni delle navi e l’aumento di strutture per la logistica, rappresentino una reale minaccia per il delicato sistema che da sempre sta alla base della Grande barriera corallina, nonché delle foreste di eucalipto dove vivono i koala.
Il benessere degli australiani si sta decentrando: dalle vivaci Melboune e Sidney si sta spostando alle città dell’entroterra selvaggio, dove il boom delle miniere genera elevati salari di massa. Siamo a nord-ovest del Paese, nella zona dei giacimenti di Pilbara. Dati recenti dimostrano infatti che l’area in questione sta registrando i più alti introiti di tutto il territorio, con una media annuale di guadagno superiore agli 86 mila euro. La città che ha i guadagni più elevati è la piccola realtà portuale di Dampier, dove almeno un quarto delle famiglie portano a casa più di 178 mila euro complessivi l’anno. Le tredici più ricche città australiane si trovano ora tutte nell’ovest del paese, cuore del boom minerario. Tutto questo a fronte dei circa 57 mila euro all’anno dei guadagni medi di Sidney e dei 50 mila di Melbourne.
La lista dei dati, redatta grazie a recenti studi e censimenti del 2011, mostra l’impatto e le conseguenze della sete della Cina per le risorse australiane. L’economista che ha compilato il report, Craig James della CommSec, ha ammesso di non aver mai visto quelle città al top della classifica. “È notevole ciò che sta succedendo in queste aree remote”, ha raccontato a The Daily Telegraph, “le tradizionali aree di Sidney e Melbourne hanno già alti guadagni. Non sono retrocesse. Sono le aree minerarie che le hanno sorpassate”. I minatori delle remote torri di trivellazione di gas e petrolio guadagnano circa 190 mila euro l’anno, mentre cuochi, autisti e amministratori che lavorano attorno alle miniere possono guadagnare più di 82 mila euro. I guadagni più alti sono in corrispondenza delle cittadine di Cane, Onslow e Peedamulla. Qui gli introiti individuali sono di più del triplo rispetto al resto del Paese, che mediamente registra 25 mila euro individuali l’anno e 53 mila euro per famiglia. Il boom ha fatto sì che si concentrassero molti lavoratori uomini, soprattutto nel Queensland e nei territori del nord, dove sono dislocati progetti energetici e minerari e basi militari. In queste aree, appena fuori Darwin, più dell’84% della popolazione è di sesso maschile, la più alta percentuale del Paese.
Come comunica James, il boom, alimentato dalla crescita della Cina e delle altre parti dell’Asia, è appena cominciato “Si tratta della moderna corsa all’oro, ma ha tutte le potenzialità per durare ancora più a lungo. L’industrializzazione della Cina è la più grande che il mondo abbia mai visto. I cinesi stanno solo ora comprando automobili e lavatrici. Il prezzo dei minerali potrebbe scendere, ma la loro richiesta continuerà a lungo”. Anche l’Italia partecipa a questa corsa all’oro. La filiale australiana di Ansaldo Sts, società del Gruppo Finmeccanica, si è aggiudicata due contratti in Australia per 289 milioni di euro: fornirà un sistema automatizzato di gestione dei treni per la rete ferroviaria lunga 1500 chilometri, destinata al trasporto di ferro di Rio Tinto Iron Ore, nella regione di Pilbara, appunto. La ferrovia automatizzata sarà completata nel 2015 e sarà la prima del suo genere.
Ma come sempre c’è un prezzo da pagare. Il boom minerario sta minacciando gli animali: balene e koala in primis. Le balene e le megattere della costa del Queensland sono disorientate e in pericolo.Un numero sempre più crescente di megattere, il 10% circa in più ogni anno, vanno a nutrirsi presso l’area portuale del Queensland, mettendo in pericolo di collisione loro stesse e le navi industriali e mercantili. Gli scienziati sono preoccupati anche perchè i territori dove si cibano questi grandi mammiferi sono sempre più minacciati dall’industria energetica. Le zone calde di approvvigionamento dei grandi mammiferi includono anche le acque orientali di Mackay e le barriere corralline di Bunker e del Capricorn, nei pressi di Gladstone, secondo quanto riporta il dottor Joshua Smith dell’Università del Queensland. I porti si stanno sempre più espandendo, come minimo già sette nella zona stanno crescendo notevolmente, a causa del boom della produzione di minerali. In particolar modo le acque di Mackay sono chiamate in causa, in quanto rappresentano la più grande area di passaggio di navi adiacente alla Grande barriera corallina. Lo scorso inverno, le megattere presenti erano circa 17 mila. A Gladstone, il Comitato per il patrimonio mondiale dell’UNESCO sta cercando di capire se effettivamente lo sviluppo di quest’area possa seriamente minacciare il patrimonio mondiale rappresentato dalla Grande barriera corallina e dal suo ecosistema. Un’ indagine aerea della zona aiuterà gli scienziati a comprendere meglio i movimenti delle balene in tutta l’area.
Il boom minerario non sta beneficiando nemmeno i koala della zona del Queensland, che stanno sopportando il peso della grande espansione del settore, espansione che tocca da vicino anche il loro habitat naturale. Come ha riportato il Sydney Morning Herald, il numero dei piccoli marsupiali della zona è pericolosamente in declino, la minaccia delle miniere grava dunque anche su di loro. Numeri alla mano, il capo esecutivo della Fondazione australiana del koala, Deborah Tabart, esprime il suo disappunto nonché dispiacere riguardo al fatto che, potenzialmente, i progetti che riguardano miniere e logistica, stanno prendendo il sopravvento sul benessere della popolazione dei koala, che in alcune aree è molto vicina all’estinzione. Il ministro dell’ambiente Tony Burke ha detto che “ Sappiano che i koala sono minacciati in alcune parti dell’Australia, mentre sono abbondanti in altre. Ma non sono in grado di fornire una lista generalizzata di quali sono le specie minacciate, poiché ci sono molti posti in Australia dove il numero dei koala rimane comunque alto.”