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Disturbi dell’alimentazione, Lorenzin: “Un problema culturale”

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 17.07.2013

Otto ogni 100.000 nuovi anoressici e 12 ogni 100.000 bulimici ogni anno. Questi i dati che emergono dal Quaderno del ministero della salute dedicato ad “Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e Terapia dei disturbi dell’alimentazione”. Il quaderno è stato presentato oggi dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che così ha commentato: “E’ lungo e impegnativo il lavoro da fare per prevenire i disturbi alimentari, soprattutto nella popolazione giovanile, problemi rispetto ai quali serve anche “un’operazione culturale”.

Digiuno

Un’operazione culturale per combattere un fenomeno certamente veicolato anche da un’immagine del corpo da seguire a tutti i costi. E i media, oltre a propinare ostentatamente modelli irraggiungibili, fungono da veicoli per condividere la patologia: sono 150mila i siti pro-anoressia e bulimia in cui si trovano consigli per nascondere le abbuffate o per ingerire meno calorie.

Il Ministro Lorenzin in proposito ha dichiarato: “Dei disturbi alimentari non si parla mai abbastanza e lo si fa solo inseguendo il caso di cronaca. Si tratta di disturbi legati alla nostra società e all’immagine del corpo che viene veicolata”. Per questo, ha osservato, “questo quaderno che presentiamo oggi è di grande utilità, non solo per gli addetti ai lavori ai quali vengono fornite indicazioni per la diagnosi e per i protocolli da seguire, ma anche per i cittadini che in modo chiaro possono comprendere l’esatta natura di queste patologie e come affrontarle”.

Sono lo0,9% e donne dai 18 anni in su a soffrire di anoressia, l’1,5% quelle che soffrono di bulimia e il 3,5% quelle che soffrono si “binge-eating disorder”, cioè che si abbuffano.
Ma anche gli uomini cominciano ad essere interessati dal problema: gli uomini rappresentano il 5-10% dei casi di anoressiail 10-15% di quelli di bulimia e fino al 30-40% dei casi di binge-eating disorder.

L’anoressia nervosa aumenta il rischio di mortalità rispetto ai coetanei del 5-10%.

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