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Neuroscienze: sei stili emozionali che ci permettono di affrontare il mondo

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 25.11.2013

Cosa succede nel nostro cervello quando siamo tristi o euforici, arrabbiati o ottimisti, oppure quando abbiamo a che fare con gli altri? Quali sono le strutture cerebrali alla base della vita emotiva? Sono solo alcune delle domande a cui tenta di rispondere il nuovo libro del noto giornalista del Wall Street Journal Sharon Begley e Richard Davidson, rinomato docente di psicologia e psichiatria alla University of Wisconsin, a Madison.

vitaemotivagrandeIn particolare Davidson è stato inserito nel 2006 da Time magazine tra le cento persone più influenti nel mondo. Insignito di numerosi premi per la ricerca condotta, fa parte del consiglio d’amministrazione del Mind and Life Institute che ha tra i suoi obiettivi la promozione del dialogo tra gli scienziati occidentali e il Dalai Lama. 

Secondo gli autori del libro “La vita emotiva del cervello”, appena pubblicato in italiano per i tipi di Ponte delle grazie, la ricerca psicologica e neuroscientifica finora ha mancato il suo obbiettivo concentrandosi solo sul cervello e non sul “cuore”. Ma negli anni Settanta alcuni studiosi intrapresero una serie di ricerche pionieristiche che avrebbero portato alla nascita delle cosiddette “neuroscienze affettive”.

Oggi Richard Davidson sostiene di essere riuscito a dimostrare l’intuizione che lo aveva folgorato all’inizio degli anni Settanta ad Harvard: ragione e sentimento non sono polarità inconciliabili, e a ciascuna corrispondono zone e funzioni cerebrali specifiche. Su queste basi Davidson ha elaborato la teoria degli stili emozionali, sei dimensioni emotive che descrivono la personalità di ognuno.

Ma c’è di più: poiché le emozioni si fondano su precise basi neurali, è possibile intervenire sui nostri comportamenti, disfunzionali o meno. Le neuroscienze hanno persino individuato nella meditazione uno strumento molto potente per modificare le strutture cerebrali, sfruttandone la neuroplasticità. A garanzia del valore di queste ricerche, l’equipe di “collaboratori” di Davidson annovera niente meno che il Dalai Lama.

Secondo Devidson il cervello non è una scatola impenetrabile e immutabile come si è pensato per secoli: migliorandone il funzionamento, possiamo vivere meglio con noi stessi e con gli altri.

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