Attraverso l’analisi di tutti i geni di persone che soffrono di una rara forma di ipertensione i ricercatori hanno scoperto un nuovo meccanismo che regola la pressione sanguigna in tutti gli esseri umani.
La scoperta, fatta da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Yale, potrà aiutare a spiegare cosa accade quando una persona inizia a soffrire di pressione alta.
Lo studio dimostra anche la potenza delle nuove tecniche di sequenziamento del genoma umano per trovare difetti che causano malattie la cui causa era sconosciuta fino a poco tempo fa.
Il team ha utilizzato una tecnica chiamata sequenziamento dell’exoma – ossia l’analisi della composizione di tutti i geni che codificano le proteine – per studiare una rara forma ereditaria di ipertensione caratterizzata da livelli eccessivi di potassio nel sangue.
Gli scienziati hanno scoperto mutazioni in due geni che hanno causato la malattia ai membri di 41 famiglie che soffrono di questa condizione.
I due geni interagiscono tra loro in modo da regolare la degradazione di altre proteine e gestire l’equilibrio tra riassorbimento e secrezione di potassio nei reni.
“Questi geni non erano stati mai prima d’ora collegati alla regolazione della pressione sanguigna, ma se si perde la loro funzione, il rene non può più ridurre il riassorbimento del sale, con conseguente ipertensione”, ha detto Richard Lifton, presidente del Dipartimento di Genetica all’Università di Yale e autore senior dell’articolo.
Le mutazioni sono state difficili da scovare perché c’erano pochissimi membri malati in ogni famiglia, per cui i metodi tradizionali per mappare la posizione dei geni non erano stati efficaci.
Tutto questo è stato possibile grazie alla nuova tecnica di sequenziamento del solo exoma, che è la parte del Dna che effettivamente svolge un ruolo attivo.
Il passo successivo sarà quello di stabilire come questi geni sono coinvolti nella regolazione del riassorbimento del sodio a livello renale, il che potrà aiutare a trovare nuovi modi per combattere l’ipertensione.
La scoperta è stata recentemente pubblicata sulla rivista Nature.