Più tempo passato ai fornelli per gli italiani durante le Feste 2010. Sarà per la maggiore disponibilità di tempo libero, o per il desiderio di non rinunciare all’appuntamento con la tavola più tradizionale dell’anno – dice la Coldiretti. In ogni caso, ben nove italiani su dieci hanno trascorso le festività in famiglia. Forse la minor disponibilità economica ha giocato un ruolo.
Quasi la metà delle famiglie (45 per cento) ha dedicato alla preparazione del menù della tavola di Natale un tempo compreso tra le tre e le cinque ore. Una sparuta minoranza ai fornelli si è impegnata per meno di mezz’ora (8 per cento), mentre uno zoccolo duro di ben il 13 per cento che rimane in cucina per piu’ di otto ore e supera l’intera giornata lavorativa. Peraltro il Natale 2010 sarà ricordato per il boom dei regali enogastronomici che si confermano come i piu’ graditi e i meno riciclati per l’affermarsi di uno stile di vita attento alla riscoperta della tradizione a tavola che si esprime con la preparazione “fai da te” di ricette personali per serate speciali o con omaggi per gli amici che ricordano i sapori e i profumi del territorio.
Gli italiani – secondo la Coldiretti – hanno speso 2,8 miliardi di euro per pranzi, cenoni di Natale, Vigilia e Santo Stefano con un aumento dello 0,3 per cento rispetto allo scorso anno. Immancabili su tutte le tavole sono – sostiene la Coldiretti – il panettone o il pandoro secondo le preferenze e lo spumante italiano, ma si segnala la vittoria dei piatti più tradizionali rispetto alle mode esterofile con meno ostriche, caviale e salmone e più bollito, cappelletti in brodo, pizze rustiche.
La qualità dei piatti portati in tavola dipende anche dal fatto che nel nostro Paese si trova un terzo delle imprese biologiche europee e un quarto della superficie bio dell’Unione superando il milione di ettari.
A incidere di più sulla spesa del pranzo di Natale è – sottolinea la Coldiretti – la carne da utilizzare come secondo ed anche per la preparazione del brodo con ben il 25 per cento che precede le bevande con lo spumante e il vino in testa che assorbono il 20 per cento e gli immancabili dolci con il 15 per cento, a pari merito con conserve, ortaggi e frutta con quella secca che incide maggiormente.
A seguire – conclude la Coldiretti – la pasta necessaria per la preparazione dei primi piatti con il 10 per cento a parità con il pesce che è più presente nei menù della vigilia, mentre solo il 5 per cento della spesa viene destinato all’acquisto di formaggi e uova.
In uno studio separato, la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) ha affermato che un miliardo e mezzo di euro finiranno nei cassonetti sotto forma di 500mila tonnellate di cibo. Tanto sprecheranno gli italiani durante tutti i 15 giorni delle feste, da Natale all’Epifania. Un vero e proprio “schiaffo alla miseria”, ricorda la Cia.
Tra i rifiuti saranno soprattutto verdura, frutta, latticini, pane e carne. Ogni anno – sempre secondo la Cia – nel pattume finiscono 25 milioni di tonnellate di cibi consumabili: metà delle importazioni alimentari dell’Africa.