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La Relatività Generale compie cent’anni con una nuova conferma

Scritto da Annalisa Arci il 12.04.2015

A cent’anni dalla pubblicazione negli Annalen der Physik  – Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie – un team internazionale ha proposto un’altra prova sperimentale della relatività generale (RG).

In un articolo pubblicato su Nature Physics i ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, in collaborazione con la Open di Israele, la Sapienza di Roma, e l’Università di Montpellier, rendono pubblica una importante serie di dati che conferma il nocciolo stesso della teoria: l’idea che tutte le particelle di luce, o fotoni, si propagano esattamente alla stessa velocità.

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La nebulosa della Carena (Crediti: NASA)

Facciamo un passo indietro. Già nel 1905 – passato alla storia come il suo annus mirabilis  Einstein aveva scritto sei articoli in sette mesi (tra questi, quello sulla relatività speciale (RS) e quello sull’effetto fotoelettrico, che gli frutterà il premio Nobel per la fisica nel 1921). La RG estende e completa le istanze elaborate nella RS, una teoria che risolveva le contraddizioni tra il principio di relatività di Galileo e le equazioni di Maxwell (relative all’elettromagnetismo). Ma la RS non risolveva tutto: era infatti in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton e per questo risultava “incompleta” o, meglio, valida solo in alcuni sistemi di riferimento.

Per ovviare al problema Einstein elaborò un’equazione di campo che avrebbe rivoluzionato il concetto stesso di gravità (cfr., Albert Einstein, Die Feldgleichungen der Gravitation in “Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin”, 25 novembre 1915, pp. 844–847). Secondo questa equazione, che rappresenta il nocciolo della RG, la gravità è la manifestazione fisica della curvatura dello spazio-tempo (una specie di tessuto a quattro dimensioni – tre spaziali e una temporale – che rappresenta le coordinate del nostro universo). Per spiegare il meccanismo, i fisici si aiutano spesso con la metafora del lenzuolo.

Rappresentazione divulgativa della curvatura dello spaziotempo dovuta alla presenza di massa rappresentata, nella figura, dalla Terra (crediti: wikipedia.org).

Lo spazio-tempo si può immaginare, per l’appunto, come una superficie morbida che viene curvata dalle masse che vi sono appoggiate e che ruotano attorno al proprio asse e ad altre masse (ovviamente si tratta di una metafora). La forza di gravità avvertita, per esempio, dalla Terra nei confronti del Sole è il risultato della curvatura del lenzuolo quadridimensionale causata dalla massa del Sole stesso. Einstein propose tre prove della RG, successivamente chiamate prove classiche, già nel 1916: la precessione del perielio dell’orbita di Mercurio; la deflessione della luce dal Sole; lo spostamento verso il rosso gravitazionale della luce. Nel corso degli anni le prove cosmologiche si sono accumulate, in primis fenomeni quali la lente gravitazionale e l’anello di Einstein.

Ora, in cosa consiste questa nuova conferma? I ricercatori hanno analizzato i dati ottenuti dal Fermi Gamma-ray Space Telescope della NASA concernenti i tempi di arrivo dei fotoni da una sorgente remota di raggi gamma. I dati mostrano che i fotoni viaggiano per miliardi di anni verso la Terra e che tutti arrivano a destinazione ​​ad una frazione di secondo l’uno dall’altro. Questo risultato indica che tutti i fotoni si muovono alla stessa velocità, anche se i diversi fotoni hanno differenti energie. Si tratta di una delle misurazioni più accurate della indipendenza della velocità della luce dall’energia delle particelle stesse.

Oltre a confermare la RG, l’osservazione esclude una delle ipotesi più in voga riguardanti l’unificazione della RG con la meccanica quantistica, ossia l’idea della schiuma spaziotemporale. Secondo questa teoria su scala microscopica lo spazio non è continuo ma potrebbe essere paragonato ad una schiuma di dimensioni infinitesime e, per questo, impossibile da misurare. L’unica cosa che si può supporre è che la luce, attraversandola, ne deve essere influenzata: scontrandosi con questa struttura (discreta?) dovrebbe deviarne il corso e soprattutto modificarne la velocità, proporzionalmente all’energia posseduta.

Ma i dati raccolti testimoniano che questa previsione non si verifica mai. Lo spazio (come forse anche il tempo) è continuo e questa struttura schiumosa, ammesso esista, ha dimensioni ancora più piccole di quanto previsto. “Quando abbiamo iniziato la nostra analisi, non ci aspettavamo di ottenere una misura così precisa”, ha spiegato il Prof. Zvi Piran del Racah Institute e primo autore della ricerca. “Questo nuovo limite è al livello previsto dalle teorie di gravità quantistica e ci può aiutare come coniugare questa teoria con la relatività”.

Per celebrare il centenario della RG la rivista Science gli ha dedicato uno speciale. L’articolo che ho presentato – A Planck-scale limit on spacetime fuzziness and stochastic Lorentz invariance violation, in “Nature”, 2015, DOI: 10.1038/nphys3270 – sarà uno dei temi discussi al meeting dell’American Physical Society che si terrà a Baltimora nei prossimi giorni in occasione delle celebrazioni per il centenario della relatività generale.

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