E’ difficile riuscire a farsi un’idea completa dell’evoluzione di una famiglia di animali nel corso della storia del mondo: l’evoluzione è un processo niente affatto lineare come ci piace pensare, ed è estremamente difficile mettere insieme i “pezzi” dell’albero genealogico di una creatura, quando fra l’uno e l’altro passano milioni di anni di tempo, ed almeno altrettanti sono trascorsi fra la formazione dei fossili ed il loro ritrovamento da parte nostra. Fra le storie meglio ricostruite dai paleontologi c’è quella dei Cetacei, che hanno iniziato ad adottare uno stile di vita anfibio quasi fin da subito dopo l’estinzione dei dinosauri, ed oggi parleremo di una di queste creature, l’Ambuloceto (Ambulocetus).
Scoperto in Pakistan, l’Ambuloceto era uno strano mammifero, che aveva adottato una serie di adattamenti che gli consentivano di condurre uno stile di vita anfibio molto simile a quello dei coccodrilli: era lungo circa tre metri, e dotato di un un muso allungato e pieno di grossi denti triangolari, le sue zampe erano più lunghe di quelle dei coccodrilli rispetto al corpo, e la coda era ancora corta e non molto sviluppata. Questa combinazione ci lascia supporre che pur vivendo in modo analogo ai coccodrilli l’Ambuloceto avesse uno stile di nuoto più simile a quello di altri mammiferi anfibi, come le lontre, e che potesse muoversi ancora abbastanza bene anche sulla terraferma. Fra i caratteri che hanno portato i paleontologi a classificarlo come balena primitiva ci sono il fatto che non fosse già più dotato di un orecchio esterno, ma invece della stessa tipologia di apparato uditivo che è presente nei Cetacei attuali, ed era quindi in grado di sentire perfettamente sia dentro che fuori dall’acqua. Narici e palato inoltre erano in grado di “sigillarsi” quando l’Ambuloceto apriva la bocca, rendendolo capace di ingerire il cibo anche quando era sott’acqua, altro adattamento tipico dei Cetacei. In più la forma della testa e dei denti ricorda molto da vicino quella dei Basilosauri, le prime balene vere e proprie, e probabili discendenti di questo curioso “coccodrillo-lontra”. Quasi certamente era ancora ricoperto di peluria dato che, pur passando la maggiorparte del suo tempo in acqua, questo animale viveva in climi temperati.
Come detto all’inizio dell’articolo il viaggio dei Cetacei per tornare al mare è iniziato quasi subito dopo la scomparsa dei dinosauri (almeno di quelli non aviani), avvenuta 65 milioni di anni fa: l’Ambuloceto risale a circa 45 milioni di anni fa (i fossili più antichi sono datati 48 milioni, mentre i più recenti a circa 40) ed è il discendente di alcune varietà di mammiferi carnivori primitivi che presentavano una superficiale somiglianza ai Canidi, spinti verso una vita anfibia forse per dall’iniziale mancanza di grandi prede sulla terra ferma dopo la fine dell’Era dei Rettili. L’Ambuloceto viveva in un ambiente fluviale, o al massimo costiero, dove affinò i suoi adattamenti all’habita acquatico con il passare delle generazioni: i suoi discendenti, i già citati Basilosauri, si spostarono permanentemente in mare aperto, diventando predatori giganti ed andando quindi inizalmente a ricoprire il ruolo che un tempo era stato dei grandi rettili marini mesozoici, la deriva dei continenti e la formazione delle calatte polari tuttavia finì poi a spingere l’evoluzione dei Cetacei in una diversa direzione, lasciando solo una manciata di predatori giganti e portando le altre specie della famiglia a diventare animali più piccoli e rapidi, come i Delfinidi, o a specializzarsi in modi nuovi di nutrirsi, come nei Misticeti, ossia le balene dotate di fanoni.
Tutto a causa di un pugno di antichi mammiferi predatori che hanno iniziato a vivere come coccodrilli…