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Pelagornis, un “gigante dei cieli” vissuto 28 ed i 25 milioni di anni fa

Scritto da Andrea Maraldi il 24.11.2014

Anche se gli pterosauri, almeno per il momento, mantengono il record quando si tratta di determinare quale sia stato il più grande Vertebrato volante, gli uccelli sono comunque dei buoni “secondi classificati” e ne conosciamo alcune varietà davvero enormi: ad esempio il Pelagornis.

I resti di questo volatile piumato risalgono ad un periodo che va fra i 28 ed i 25 milioni di anni fa, e gli studiosi ne riconoscono al momento quattro specie, rivenute in varie parti del mondo, sebbene i resti più completi, nonché i primi ad essere scoperti, provengano dalla Carolina del Sud, negli USA. Anche le stime più modeste indicano che questo animale avesse un’apertura alare complessiva di almeno 5 metri, 5 metri e mezzo, mentre quelle più “esagerate” ritraggono una creatura con ali di 7 metri, arrivando quindi alla taglia di rettili volanti come il famoso Pteranodon, e ne farebbero il più grande uccello attualmente noto, con solo alcune varietà di avvoltoi in grado di rivaleggiare con questa specie in termini di dimensioni.

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Il Pelagornis era un uccello marino, ed è ragionevole supporre che conducesse uno stile di vita analogo a quello del pellicano o dell’albatros, pur essendo grande almeno il doppio di qualsiasi uccello marino oggi esistente. Per mantenersi in salute ed in grado di volare doveva necessariamente ingurgitare grandi quantità di cibo, ed in questo era facilitato dal suo becco, dotato di denti, o meglio di pseudo-denti. A differenza di quanto osservato in uccelli marini più antichi, come l’Hesperornis di cui abbiamo parlato in precedenza, il Pelagornis non aveva veri e propri denti, ma il suo becco era coperto di dentellature, in un certo senso simili a quelle di una sega o di un pettine, disposti in formazione “ad incastro”, una conformazione tipicamente osservata in molte specie che si nutrono di pesce o altri animali viscidi e sfuggenti, che rimanevano infilzati, ed impossibilitati a fuggire. Visto che anatomicamente questo grande uccello preistorico ha caratteristiche in comune sia con gli albatros che con i gabbiani è inoltre possibile che avesse, come questi ultimi, una sacca golare in cui immagazzinare il pescato, in modo da non dover ritornare a terra dopo ogni cattura.

Fra i luoghi al di fuori dell’America in cui sono stati trovati resti di Pelagornis si va dal  Portogalo, al Marocco fino a persino la Nuova Zelanda, sebbene alcuni paleontologi ritengono che i fossili neozelandesi appartengano più a dei parenti prossimi di questa specie: la sua notevole apertura alare consentiva a questo volatile di spostarsi per distanze enormi e di raggiungere quasi ogni angolo del globo dove ci fossero le condizioni ideali per la sua sopravvivenza. E’ molto probabile, sebbene non ci sia modo di saperlo con certezza, che si trattasse di animali nomadi, che si spostavano tutto l’anno inseguendo i pesci di cui si nutrivano in una perenne migrazione, o persino che fossero vagabondi dei cieli, senza una rotta prestabilita. In ogni caso, è palese che una creatura così specializzata passasse buona parte della sua vita in volo, e viste le sue dimensioni doveva essere primariamente un planatore, utilizzando una forma di volo “attivo”, ossia sbattendo le ali, solo quando doveva spostarsi rapidamente per catturare pesci, o sfuggire a predatori o rivali della stessa specie.

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