Gaianews.it ha intervistato il Prof. Augusto Iossa Fasano autore del libro “FUORI DI SE’ – da Freud all’analisi del cyborg” che ha spiegato che “il Cyborg, figura derivata dalla fantascienza e oggi di osservazione comune nella vita quotidiana è colui che per scelta di miglioramento e abbellimento o per necessità salvavita deve portare device, dispositivi (talvolta con chip e telecomando esterno, veri e propri computer interni al corpo) oppure organi da auto o etero-trapianto (talvolta da cadavere) che alterano la percezione di sé e il senso di identità. Non ci si riconosce più e non si riescono a governare le spinte di distanziamento o di attacco al sé”.
D.: Dottor Iossa Fasano quando ha cominciato ad occuparsi di ciò che è poi diventato argomento del libro “Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg”?
A.I.F.: Ho iniziato nel 1991 quando ho riscontrato che molti pazienti che accusavano disturbi psichici “puri”, avevano subito in precedenza traumi e cure hi-tech da cui erano usciti “fisicamente guariti”. Eppure il disagio residuo (ansia, depressione, ossessioni, insonnia e spinte autolesive o suicidarie) non era stato individuato, né correttamente diagnosticato o trattato. Venivano curati – quando curati se non trascurati – come persone che soffrivano di problematiche comuni o specificamente psichiatriche. Invece la questione si presenta in termini più complessi e giusto per questo la curabilità è migliore se si riescono a cogliere i termini del rapporto mente-corpo, mediato da dispositivi protesici”.
D.:Quali conseguenze reca a livello emotivo l’estensione del soggetto tramite oggetti estranei e inanimati?
A.I.F.: L’uso di protesi esterne non solo causa molto meno disagio, ma addirittura è costitutivo dell’essere umano e vedremo che tornerà utile per il recupero spontaneo o programmato di soggetti che sono costretti a portare protesi interne al corpo (Cyborg).
L’errore comune che sottolineerò nel prossimo libro divulgativo è definire cyborg gli individui protesici che usano device esterni. Per quanto tecnologici essi proseguono e sviluppano la linea dell’homo habilis, del sapiens e dell’uomo vitruviano del Rinascimento di leonardesca memoria.
Mentre il cyborg (che porta protesi fisse interne al suo corpo e di cui non si può liberare se non a rischio della vita) sceglie o subisce una mutazione radicale che lo spinge in un’accelerazione identitaria bruciante ed esaltante, ma non di rado distruttiva e dissipativa: non si riconosce, non si ritrova, non si conserva.
D.:Anche la fecondazione assistita genera il paradosso di una mutazione del corpo vissuta come alterazione dell’identità psichica?
A.I.F.: Assolutamente si. E’ uno dei casi più complessi e drammatici perché riguarda l’identità dei genitori e quella del nascituro secondo le varie casistiche dell’autologa, eterologa etc.
L’osservazione clinica ci conferma il disagio dei genitori specie delle madri e la necessità di seguirle con programmi di consulenza avvertiti e rispettosi. Si tratta di donne spesso in età matura per le quali basta poco per ritrovare le coordinate personali e familiari se la consultazione è affidata a un terapeuta esperto e specificamente preparato. Non basta una visita di un qualsiasi psichiatra o psicologo, perché nei programmi formativi di questi profili professionali non ci sono materie di approfondimento in questo settore così nuovo e delicato.
D.:Con quali differenze nella psiche umana agiscono i dispositivi protesici esterni e i dispositivi interni al corpo?
A.I.F.: Quelli esterni sono visibili e autorimovibili (pensate alla possibilità di togliersi gli occhiali, la dentiera, il byte, un corsetto e altri dispositivi posti al di fuori del corpo come sollievo, relax o alla sera). Essi hanno un carattere estensivo oltre che protettivo e difensivo per il portatore. Confermano che l’identità umana non è omogenea, ma meticcia, polimorfa e eterogenea. E’ fatta di biologia, di carne, ma anche di materiali naturali (abiti, occhiali, tutori) e di sintesi biocompatibili come silicio, titanio, teflon ormai uniti e sinergici all’organismo.
Per quelli interni invece è tutta un’altra storia. Essi hanno effetto destabilizzante sul piano individuale e collettivo, sorta di rimozione collettiva. Si cerca sempre più di evitare il rigetto fisico, ma si deve valutare attentamente l’accettazione psichica di questi componenti quando vengono inseriti all’interno del corpo e il portatore non può smontarli alla sera quando va a letto o nei momenti in cui il vissuto di estraneità diviene insopportabile.
Precisazione: noi non siamo affatto contro la medicina hi-tech, anzi la vediamo con favore non solo perché necessari a e inevitabile, ma crediamo che la consulenza in pochi incontri sia spesso decisiva, come salute per l’individuo e risparmio risorse per la collettività.
D.:Protesi dentali, mammarie mediche o estetiche che siano, arti artificiali, bypass, e articolazioni sintetiche causano importanti variazioni psicologiche sui pazienti. Qual è dunque la strada migliore per affrontare queste mutazioni dell’organismo?
A.I.F.: Non si deve pensare che siano automaticamente benefici, ma che spesso il soggetto affronta un percorso spontaneo di elaborazione dell’integrazione del corpo estraneo. Coloro che subiscono un trapianto o un impianto interno sono portati a bilanciare questa penetrazione o trafittura o introduzione di un pezzo fisso con accessori esterni funzionali, un bastone, la fisioterapia, reggiseno con protesi, occhiali neutri oppure a scopo estetico foulard, bandana e altri accessori.
Compito della consulenza e della psicoterapia è quello di accompagnare tali processi di adattamento alle mutazioni servendosi di protesi esterne che stabilizzano il cyborg ibridandolo con elementi esterni.Lo studio Metandro di Milano conduce dal 2006 ricerche in questo campo con assistenza, diagnosi e terapia.