Africa Occidentale, le donne sono sotto rappresentate nelle operazioni di peace-building nella regione. Ad affermarlo è il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le Donne, la Pace e la Sicurezza (the U.N. Working Group for Women, Peace and Security) che ha incontrato gli esponenti di 50 organizzazioni internazionali e gruppi per i diritti umani, per cercare di capire come rendere prioritaria la voce delle donne.
Il gruppo delle NU per l’Africa Occidentale, costituito nel 2009, ritiene che le donne sono costrette a sopportare in modo sproporzionato il peso della guerra e dei conflitti, ma sono praticamente escluse dai processi di costruzione della pace. La presenza delle donne ai colloqui di pace è infatti ferma all’otto per cento e la percentuale scende al tre per cento se si considerano le firme femminili agli accordi.
Come spiega la direttrice regionale del UN Working Group for Women, Peace and Security, Josephine Odera, la penuria di donne nei processi di mediazione per la pace, comporta l’assenza di argomenti delicati, quali la violenza sessuale legata ai conflitti e la protezione e il benessere dei bambini, affidata esclusivamente alle mamme. Questioni che sono troppo spesso dimenticate e crimini che restano impuniti, quando a discutere della risoluzione di un conflitto sono solo gli uomini. Odera sottolinea inoltre che le donne dovrebbero essere incluse nei processi di pace perché sono loro che tengono unite le comunità.
Per questo, negli ultimi anni il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le Donne, la Pace e la Sicurezza si sta adoperando per convincere gli stati ad abbracciare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, 1325 e 1820, che auspicano l’aumento della partecipazione delle donne in tutti i processi decisionali, ivi compresi le operazioni di prevenzione e risoluzione dei conflitti.
Il vice rappresentante regionale per l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani in Africa Occidentale, Benjamin Hounton, ha infatti affermato che tali risoluzioni mirano in generale a creare società più egualitarie. L’invito è dunque quello di modificare i codici di famiglia nazionali, fortemente ancorati ad un’ideologia maschilista e patriarcale che fa dell’uomo il capo indiscusso della famiglia e quindi della comunità stessa. Si cerca dunque di lavorare su due piani: da un lato bisogna aumentare il numero delle donne preposte agli organi decisionali e dall’altro adeguare i codici di famiglia agli standard delle Nazioni Unite sull’uguaglianza di genere.