Abbiamo già parlato in precedenza dei cosiddetti “rettili-mammiferi”, ossia di quella grande categoria di vertebrati terrestri da cui discesero i nostri remoti antenati dotati di pelliccia. Oggi torniamo a vedere un esponente di questa famiglia, il curioso Estemmenosuco.
Vissuto circa 250 milioni di anni fa, nella seconda metà del periodo Permiano, l’Estemmenosuco era parte di una famiglia di grandi rettili noti come Dinocefali (“teste terribili”) per motivi piuttosto facili da capire: quasi tutti i rappresentanti di questo gruppo erano dotati di bizzarre formazioni ossee simili a corna sul cranio, la cui funzione è tutt’ora oggetto di dibattito; ad una prima occhiata infatti viene da pensare che simili strutture avessero un’ovvia funzione offensiva e venissero usate in combattimento contro i predatori o in scontri per la conquista del territorio o di un partner, ma le “corna” dell’Estemmenosuco, e dei Dinocefali in genere, non erano “inerti” e separate dal resto del corpo, come accade nei rinocerto ad esempio, ma ossa vive, parte integrante del cranio, come nei dinosauri cornuti, e quindi come in questi ultimi probabilmente svolgevano una funzione passiva, facendo sembrare gli animali più minacciosi agli occhi dei rivali e più “attraenti” a quelli di potenziali partner. Alcuni fossili un tempo considerati appartenenti a specie diverse di Dinocefali, con “corna” meno sviluppate, sono stati in effetti riclassificati come esemplari di Esteemmenosuco di sesso o età differenti rispetto a quelli con la configurazione più comune, poiché è ragionevole pensare che se tali strutture non avevano funzioni attive solo il sesso dominante ne fosse dotato, o comunque ne avesse una versione più sviluppata.
Gli esemplari più grossi di Estemmenosuco avevano la taglia di un grosso bovino ed avevano quindi necessità di ingerire considerevoli quantità di cibo: non è però del tutto chiaro quale fosse la dieta di questo animale, poiché la dentatura frontale, in particolare gli incisivi ed i canini, erano allungati ed appuntiti, come nei predatori, ma la dentatura laterale era piccola e squadrata, come negli erbivori. E’ quindi difficile determinare se questa antica creatura fosse un cacciatore o una preda. La configurazione dentaria “ibrida” potrebbe significare che l’Estemmenosuco, vivendo in un habitat arido e dove era assai difficile reperire qualsiasi tipo di nutrimento, avesse uno stile di vita simile a quello degli orsi, ossia che si nutrisse perlopiù di piante, ma che non disdegnasse di approffitare della sua grossa taglia per reclamare carcasse di altri animali o forse persino che occasionalmente cacciasse in modo attivo. E’ anche possibile che la sua dentatura fosse il risultato di una specializzazione a nutrirsi di un qualche tipo di pianta dal fusto coriaceo, che strappava e spezzava con le zanne anteriori.
I resti di questo animale sono stati rinvenuti in Russia, principalmente in depositi di sedimenti di origine fluviale. Questo ha portato i paleontologi in passato a considerare un’altra possibile spiegazione all’aspetto dell’Estemmenosuco: ancora oggi c’è chi sostiene che conducesse uno stile di vita anfibio simile a quello dell’ippopotamo, che pure ha grandi zanne dall’aspetto minaccioso, malgrado si nutra quasi esclusivamente di vegetazione. Potrebbe però trattarsi solo di una coincidenza e che i resti di Estemmenosuco rinvenuti in questo tipo di sedimenti appartenessero ad animali travolti da una piena: un’occorrenza molto favorevole alla formazione di resti fossili, e più volte documentata come causa della formazione di grandi accumuli di ossa di animali preistorici. Lo stile di vita di questo grande rettile rimane insomma, almeno per ora, un mistero ancora lungi dall’essere risolto.