Il clima, dopo la più grande estinzione di massa, avvenuta 252 milioni anni fa, era freddo, poi molto caldo e poi si è raffreddato di nuovo. Grazie alle temperature più basse, la diversità della fauna marina è cresciuta a dismisura, secondo i paleontologi dell’Università di Zurigo. Il clima più caldo, insieme con un alto livello di CO2 nell’atmosfera, inizialmente ha dato luogo a nuove specie ma per poco tempo. A più lungo termine, infatti, questo cambiamento climatico ha avuto un effetto negativo sulla biodiversità, causando l’estinzione di molte specie.
Fino ad ora, si era sempre pensato che ci fosse voluto molto tempo perchè flora e fauna si riprendessero dalla grande estinzione di massa alla fine del Permiano 252 milioni anni fa. Secondo il consenso scientifico, complesse comunità ecologiche sarebbero riapparse solo nel Medio Triassico, quindi 247 milioni di anni fa. Ora, tuttavia, una squadra svizzera guidata dal paleontologo Hugo Bucher dell’Università di Zurigo rivela che i gruppi di animali marini come gli ammonoidi e i conodonti avevano già raggiunto l’apice tre o quattro milioni di anni prima, vale a dire ancora durante l’inizio del Triassico.
Gli scienziati nella loro ricerca pubblicata su Nature Geoscience, dimostrano che il clima e il livello di anidride carbonica nell’atmosfera hanno oscillato notevolmente durante il Triassico iniziale e questo ha avuto grandi effetti sulla biodiversità marina e terrestre
Per la loro ricostruzione del clima, Bucher e i suoi colleghi hanno analizzato la composizione degli isotopi di ossigeno nei conodonti, le specie rimanenti dei cordati che una volta vivevano nel mare. Secondo lo studio, il clima all’inizio del Triassico, 249 milioni di anni fa, era freddo. Questa fase più fredda è stata seguita da una fase più breve e calda. Alla fine del Triassico iniziale, vale a dire tra 247,9 e 245,9 milioni di anni fa, il clima era di nuovo più freddo.
Gli scienziati hanno poi esaminato l’impatto del clima sullo sviluppo della flora e della fauna. “La biodiversità è aumentata maggiormente nelle fasi più fredde”, spiega il paleontologo Bucher. “La fase successiva estremamente calda, tuttavia, ha portato a grandi cambiamenti nella fauna marina e a un importante cambiamento ecologico nella flora.” Bucher e il suo team sono ora in grado di rivelare che il declino della biodiversità nelle fasi calde si correla con forti oscillazioni nella composizione isotopica del carbonio dell’atmosfera. Queste, a loro volta, sono direttamente collegate all’anidride carbonica, che derivava da eruzioni vulcaniche della grande provincia ignea siberiana.
Attraverso i cambiamenti climatici, conodonti e ammonoidi inizialmente furono in grado di recuperare molto velocemente, durante il Triassico, grazie all’emersione di altre specie. Ma la rimozione della CO2 in eccesso da parte dei produttori primari, come le alghe e le piante terrestri, ha avuto effetti negativi a lungo termine: la rimozione di queste grandi quantità di materia organica ha utilizzato la maggior parte dell’ossigeno in acqua. A causa della mancanza di ossigeno negli oceani, molte specie marine si sono estinte. “I nostri studi rivelano che i maggiori cambiamenti climatici possono causare sia la nascita che l’estinzione delle specie. Quindi è importante prendere in considerazione sia i tassi di estinzione sia la velocità con cui le specie nuove sono emerse,” ha concluso Bucher.
Bucher e i suoi colleghi sono convinti che i cambiamenti climatici e l’emissione di gas vulcanici siano stati fattori chiave per il recupero biotico negli oceani durante il primo Triassico: fasi di clima più freddo incoraggiano la diversificazione biologica. Fasi di clima più caldo e livelli molto elevati di CO2 in atmosfera, tuttavia, possono avere un impatto negativo sulla biodiversità.