Anche se oggi rimangono solo due specie di Proboscidati, o elefanti che dir si voglia, la loro è una delle famigli di grandi mammiferi erbivori fra le più antiche e di maggior successo nella storia del nostro pianeta: mammuth, elefanti “nani”, mastodonti, ed una gran varietà di Proboscidati primitivi simili a tapiri o ad ippopotami sono solo alcuni dei possibili esempi. Inutile dire che un gruppo così diffuso, nel corso del tempo ha dato vita anche ad alcune creature davvero bizzarre ed interessanti. Come l’animale di cui parleremo oggi, il Platibelodonte.
Questo grande mammifero ancora oggi suscita una grande curiosità fra studiosi ed appassionati: il suo corpo arrotondato e massiccio è quello tipico degli elefanti, ma la sua testa è un qualcosa di mai visto: dalla mascella inferiore infatti partivano due lunghe zanne piatte, che andavano a formare una struttura “a pala”. Anche la parte superiore del cranio era più allungata del solito, ed in più presentava la classica cavità nasale allargata che fungeva da base per la proboscide. Considerando che i tessuti molli di questo animale non si sono conservati, nemmeno in forma di impronta, il Platibelodonte è considerato da molti un vero rompicapo: come doveva apparire in vita e a che cosa serviva la sua “pala” ossea?
Le ricostruzioni classiche dell’animale lo immaginano come una creatura che conduceva uno stile di vita anfibio: la sua testa bizzarra in questo contesto avrebbe infatti senso, perché potrebbe essere usata come draga per scavare i fondali fangosi di fiumi e paludi e per sradicare in modo rapido e veloce la vegetazione locale. Dopodiché il Platibelodonte grazie alla proboscibe, modificata per fungere da labbro estremamente mobile e coprire la pala ossea sottostante, spingeva il cibo in gola. Ricostruzioni alternative tuttavia sono state proposte negli anni ’90, e vedono il Platibelodonte come un animale terrestre, dotato di una proboscide più sviluppata e disgiunta dalla bocca. In questa seconda teoria si immagina che l’animale di nutrisse di vegetazione coriacea che raggiungeva con la probiscide e che poi tagliava con le grandi zanne piatte, che in effetti erano degli enormi incisivi modificati ed erano quindi adatti allo scopo. Questa nuova versione del grande erbivoro è oggi quella più accettata, ed è quella su cui si basa l’illustrazione che accompagna questo articolo.
Al di là della forma bizzarra della parte inferiori del capo, per il resto il Platibelodonte era un proboscidato abbastanza tipico: la sua taglia era quella degli elefanti a noi contemporanei ed era anche dotato di altre due corte zanne, che forse avevano forme e dimensioni diverse nei due sessi, come accade nei pachidermi a cui siamo abituati. Quale che sia la funzione della sua strana testa questo animale è stato un erbivoro di un certo successo: se ne conoscono circa una quindicina di specie, vissute in Europa ed Asia, e persino in America, dove non era presente, c’erano comunque altri pachidermi che avevano sviluppato strutture analoghe alla pala del Platibelodonte: insomma, anche se a noi può apparire una bizzarria evolutiva in realtà la sua specializzazione doveva avere un senso ed un’utilità da non sottovalutare! Almeno per un certo periodo di tempo. Si estinse comunque alcuni milioni di anni prima della comparsa dell’Uomo, ma visse abbastanza a lungo per imbattersi nei primi grandi felini dai denti a sciabola, che forse gli davano occasionalmente la caccia.