All’incontro di Aidap nella giornata di ieri, presso il Parco regionale dell’Appia Antica, si è tenuta una tavola rotonda, che ha posto al centro la riflessione sulla delicata situazione nazionale dei parchi italiani con un interrogativo sulla politica del nostro Paese per le aree protette. Tema scottante e di grande importanza, che si intreccia anche con la proposta di modifica della legge quadro (394/1991) e con l’emergenza finanziaria nazionale che ha portato a numerosi e frammentari interventi normativi. Facciamo alcune considerazioni sui punti essenziali.
Gran parte del patrimonio naturale e della biodiversità del Paese sono ospitate nelle aree protette, dove vi è anche la più alta concentrazione di siti natura 2000. Le aree protette sono beni comuni, ma anche insostituibili laboratori per la sperimentazione di modelli di sviluppo sostenibile o, se si preferisce, “green economy”; tema che sta assumendo un ruolo sempre più strategico nel dibattito politico internazionale, alla luce anche della evidente connessione tra la crisi economica globale e la crisi ambientale.
Tuttavia, la situazione delle aree protette italiane non è mai stata tanto difficile come in questi ultimi anni.
Su di esse pesano drammaticamente i tagli al personale e le continue incertezze sui finanziamenti. A fronte di un aumento delle competenze e degli adempimenti, dal 2005 le spese per le dotazioni organiche sono state tagliate del 35%, con perdita di numerosi posti e, in quest’ultimo anno, andando ad intaccare anche personale in servizio; in alcuni casi, dove l’organico è già ridotto all’osso, è ormai forte la minaccia di una interruzione delle funzioni essenziali. Ma a pesare negativamente, forse più dei tagli, vi è anche un contesto politico che fatica a riconoscere il ruolo strategico delle aree protette, talvolta considerate enti di promozione turistica locale se non, addirittura, enti inutili o, comunque, in qualche modo privatizzabili o autofinanziabili, snaturando le loro funzioni di salvaguardia, per la collettività e le future generazioni, delle risorse naturali e dei valori culturali tradizionali. Funzioni che sono ben definite dalla vigente legge quadro (394/1991), sebbene la sua attuazione, accanto a importanti risultati, abbia presentato delle criticità.
Riteniamo che il disegno di legge di modifica della legge quadro, gli emendamenti e i subemendamenti all’esame della Commissione Ambiente del Senato, non solo non siano volti a risolvere le questioni più spinose, a partire dalla natura giuridica degli Enti parco, ma, anzi, paiono prospettare nuove criticità, come ad esempio nel caso più eclatante del sistema delle fonti di autofinanziamento, basato anche sulla realizzazione (oggi ovviamente non consentito) di impianti impattanti.
L’auspicio è quindi innanzitutto che venga sospeso l’iter di modifica della legge quadro, alla luce anche di tutte le osservazioni sollevate dalle diverse anime delle aree protette (molte associazioni ambientaliste, tra cui il WWF Italia, nonché i direttori e i funzionari). Nel contempo è indispensabile e non rinviabile riconoscere la specialità degli Enti parco, escludendoli almeno dai futuri tagli di personale e finanziamenti.
Roberta Emili
Vicepresidente Associazione 394