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Orsi marsicani morti: il 50% non ha una diagnosi, tavolo tecnico al Ministero della Salute

Scritto da Federica di Leonardo il 08.04.2012

Foto Carlo Romano Per gentile concessione www.carloromanoart.com

L’orso bruno marsicano, una sottospecie di orso bruno presente solo nel  Centro Italia e in particolare nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, si trova ad affrontare serie sfide per la sua sopravvivenza (l’ultima stima parla di 37-52 esemplari rimasti). Ad un recente tavolo tecnico sono emersi altri elementi di preoccupazione, come le morti senza diagnosi, al 50% del totale, che potrebbero derivare dalla presenza di malattie del bestiame domestico e fauna selvatica. Inoltre, la crisi economica costringe i tecnici a fare analisi a campione piuttosto che a tappeto per analizzare le malattie presenti all’interno del Parco.

Martedì scorso si è tenuto presso il Ministero della Salute un tavolo tecnico per la gestione dei rischi sanitari dell’orso marsicano. Presenti i rappresentanti del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, dell’Università La Sapienza di Roma, del Ministero della Sanità, del Ministero dell’Ambiente, dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dell’ IZS ( Istituto Zooprofilattico Sperimentale) e delle Regioni, Abruzzo, Lazio e Molise. Alcuni dei tecnici presenti concordano sul fatto che il 50% degli orsi morti non ha una diagnosi e che la popolazione è troppo poco numerosa per sostenere una malattia al proprio interno. Questo significa che necessariamente le malattie provengono da ruminanti (bovini, cervi, pecore, camosci ecc.), canidi (cani, lupi volpi)  e suini (maiale e cinghiale) sia domestici sia selvatici.

Il tavolo tecnico si inserisce nell’ambito del progetto LIFE ARCTOS, progetto finanziato con fondi europei che ha come scopo la conservazione delll’orso bruno nelle Alpi e dell’orso bruno marsicano nell’Appennino.

Fra le altre, il progetto prevede azioni di tipo A, che prevedono indagini utili a stabilire dell strategie e azioni C, che comprendono delle azioni concrete.

Le riunioni del tavolo tecnico avranno lo scopo di passare dall’azione A alla C relative alla zootecnica, cioè di passare dalla teoria alla pratica.

L’azione A prevede la “Valutazione del rischio sanitario legato alla presenza del bestiame domestico, dei protocolli di monitoraggio in vigore e definizione di linee guida in collaborazione con i principali attori territoriali”.  La relazione per la valutazione del rischio è stata redatta dal dottor Massimo Fenati, epidemiologo, e le linee guida basate su questa relazione sono state redatte dal dottor Leonardo Gentile, veterinario del Parco d’Abruzzo

Con l’azione C, che mira ad “adottare protocolli e buone pratiche relative alla gestione della zootecnia compatibile con la presenza dell’orso” , si prevede quindi la creazione di procedure standardizzate che coinvolgeranno gli Istituti Zooprofilattici competenti per territorio, i Servizi veterinari locali e regionali e gli assessorati all’Ambiente delle tre regioni, gli Enti Parco, le Istituzioni di ricerca coinvolte nel progetto (ISPRA, Università).

Abbiamo raggiunto alcuni componenti del Tavolo Tecnico per chiedere a che punto sono i lavori, quali sono le difficoltà e quali saranno i prossimi obiettivi.

Il dottor Luigi Ruocco del Ministero della Salute, Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, ci ha spiegato che il Ministero della Salute è stato coinvolto quando è stato necessario reperire i dati sulla zootecnia. In questo senso i soggetti coinvolti nel progetto hanno chiesto che il Ministero della Salute potesse fare da coordinatore dei lavori.

Il dottor Ruocco ha dichiarato in proposito “Abbiamo raccolto di buon grado l’invito a coordinare i lavori, anche se questo progetto non afferisce propriamente al nostro ministero”.

Ma quali sono i rischi sanitari per l’orso?

Il dottor Armando Giovannini dell’IZS ha spiegato che “Circa il 50% dei casi di mortalità registrati  è provocato da avvelenamenti e incidenti stradali, mentre le altre fonti di mortalità richiedono un approfondimento. Si sospetta, infatti, che malattie infettive possano essere responsabili di mortalità tra i cuccioli, si conoscono le malattie presenti nell’area geografica, ma non è chiaro quali possano essere quelle realmente responsabili del problema, o quelle comunque potenzialmente a maggior rischio di diventare un problema. La causa di ciò è che finora le attività diagnostiche svolte dai vari Enti coinvolti hanno mancato di una standardizzazione e di una rigorosa proceduralizzazione, necessarie per ottenere due condizioni essenziali per delineare un quadro attendibile: massimizzare le probabilità di esaminare i campioni nei tempi rapidi richiesti per una diagnosi affidabile ed eseguire esami mirati per identificare la presenza proprio di quegli agenti infettivi potenzialmente capaci di mettere a rischio la conservazione della popolazione di orsi.

Quindi, la decisione è stata quella di definire rapidamente un protocollo diagnostico standardizzato, differenziato per classi di età dei soggetti rinvenuti morti, da applicare su tutto il territorio interessato dal progetto. Alla stesura di questo protocollo parteciperà anche il Centro di referenza nazionale per le malattie della fauna selvatica di Aosta.”

Il dottor Ruocco ha spiegato: “E’ stata presentata una relazione da cui si evince che nel territorio del Parco esistono delle positività a delle malattie, ma non ci sono dati sufficienti a dire che influiscano sulla conservazione dell’orso, cioè è necessario verificare il rischio. Per le malattie per le quali esiste già un’obbligatorietà dei controlli ci sono dati omogenei. Per quelle per cui non esiste obbligatorietà i dati sono radi. Per questo sarebbe necessario predisporre nuove analisi”.

“Purtroppo,” continua Ruocco, “siamo in un momento economicamente difficile e per questo stiamo studiando un modo per non effettuare le analisi a tappeto, ma solo a campione”.

Giovannini ha continuato: “La relazione e le linee guida sono in revisione e saranno migliorate rispetto alla formulazione attuale. Le linee guida sono un documento che definisce una serie di interventi per la sorveglianza delle malattie che possono avere conseguenze sulla conservazione dell’orso e di azioni per cercare di mettere l’orso al riparo da queste malattie.”

Riguardo a ciò che le linee guida prevederanno il dottor Giovannini ha così proseguito: “Si tratterà di mirare meglio, di organizzare secondo obiettivi precisi e di intensificare alcuni settori di attività, ma nel complesso non sarà necessario dare inizio a nuovi programmi o cambiare regolamenti e disposizioni in vigore.

“Sicuramente saranno coinvolti i due Istituti Zooprofilattici competenti per territorio, cioè quello dell’Abruzzo e del Molise e quello del Lazio, i Servizi veterinari locali e regionali e gli assessorati all’Ambiente delle tre regioni, gli Enti Parco, le Istituzioni di ricerca coinvolte nel progetto (ISPRA, Università), ma anche il Centro di referenza nazionale per le malattie della fauna selvatica di Aosta e quello per l’epidemiologia veterinaria e l’analisi del rischio di Teramo, la Banca dati nazionale del bestiame domestico, il Ministero della salute, dove si è tenuta la riunione di ieri, il Ministero dell’Ambiente.”

Il dottor Vittorio Guberti, veterinario dell’Ispra, ha dichiarato: “Non c’è dubbio che la popolazione di orsi sia estremamente esigua e che il 50% delle morti non abbia una diagnosi.”

“Il numero di orsi di questa popolazione non consente che mantengano una malattia al loro interno. Quindi necessariamente qualsiasi patologia proviene loro dal bestiame domestico o dai cani vaganti e randagi.”

Per il dottor Guberti sotto il profilo tecnico alcune cose sono ancora da precisare e poi si dovrà cercare soluzioni politiche perchè queste osservazioni e procedure tecniche possano essere applicate.

Il dottor Eugenio Duprè, del Ministero dell’Ambiente ha sottolineato l’interesse del ministero alla conservazione dell’orso e ha ricordato che il progetto LIFE ARCTOS rappresenta uno strumento operativo per attuare le azioni previste dal Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano (PATOM); nello specifico consente di dare attuazione alle azioni da esso previsto per quanto riguarda i problemi sanitari.

A sottolineare ulteriormente l’interesse del Ministero dell’Ambiente, al tavolo tecnico era presente anche il Vice Capo di Gabinetto del Ministro dell’Ambiente, dottor Paolo Puntoni.

Le prossima riunione è prevista fra circa un mese e mezzo; nel frattempo saranno riviste le linee guida che potranno essere quindi approvate.

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