Il Parco della Majella ha recentemente pubblicato un video emozionante in cui si possono ammirare le migliori immagini di orsi e lupi girate nell’ultimo anno nei territori dell’area protetta.
Abbiamo intervistato il direttore del Parco, Nicola Cimini, che ha ribadito l’importanza di una politica e dunque di relative azioni, che considerino un areale molto più grande di quello della cosiddetta “core area”, nella quale si trova la maggior parte della esigua popolazione di orsi marsicani, stimati ad oggi in solo 40 individui. Affinchè la popolazione diventi più numerosa e si metta in salvo dalla possibilità di estinguersi per sempre, oltre ad essere opportunamente tutelata nel Parco Nazionale d’Abruzzo, deve poter espandersi al di fuori, nelle aree protette limitrofe e attraverso i relativi corridoi che uniscono le diverse aree.
Uno degli strumenti per attuare il coordinamento necessario a queste politiche sarebbe il Piano d’Azione per la tutela dell’orso marsicano (PATOM) firmato ormai nel 2010. La relativa Autorità di Gestione, gestita dal Parco Nazionale d’Abruzzo, ha convocato ad oggi una sola riunione, ma il Direttore Cimini si è detto invece pronto a passare alla risoluzione di problemi concreti.
Domanda: Da quanto tempo l’orso è presente nei vostri territori?
Nicola Cimini: L’orso bruno marsicano è sempre stato presente nell’area Majella-Morrone- monti Pizzi e nel limitrofo alto Molise. Gli archivi dei comuni dell’area, del 700 ed 800, sono pieni di documentazione attestanti la presenza dell’orso e la richiesta di interventi alle autorità. Come chiara è anche la testimonianza rilevabile dalla toponomastica. Impossibile, invece, acclarare se tale presenza fosse stabile o occasionale, data l’assoluta carenza di documentazione al riguardo, se si escludono, come giusto, le affermazioni di qualche storico locale.
La conferma della presenza, in tempi recenti, è data da una ricerca di Franco Zunino, risalente all’inizio degli anni ’70. Ricerca commissionata dall’allora capo dell’ ASFD di Pescara, dott. Giuseppe Di Croce, che permise di accertare una presenza più o meno stabile, anche se limitata nel numero, dell’orso sulla Majella.
D.: Attualmente gli orsi sono monitorati da voi? In che modo?
N.C.: Con l’avvento del Parco, a partire dal 1997, si è provveduto prima a registrare ogni segnale di presenza- dagli avvistamenti alle tracce, ai peli, agli escrementi, alle predazioni, ecc.- poi ad analizzarli ed inserirli in un archivio georeferenziato. In ultimo si è iniziato ad acquisire documentazione diretta con strumenti non invasivi ed ad impatto nullo per la tranquillità della specie, come il fototrappolaggio e le riprese video . L’obiettivo è quello di acquisire dati sempre più certi su presenza, composizione e distribuzione della specie nel territorio del Parco ed aree limitrofe- come media valle del Sangro, da Castel di Sangro a Quadri ed Alto Molise- senza arrecare il benchè minimo disturbo alla specie. Ciò, allo scopo di calibrare al meglio gli interventi di cui la specie ha bisogno. In fondo, l’orso ha bisogno di poco.
Se si analizzano le cause di morte degli ultimi 40 anni la ricetta appare addirittura elementare. Basterebbe garantire le tre condizioni basilari alla sopravvivenza di qualsiasi essere vivente: essere amato o quantomeno rispettato, di avere a disposizione un ambiente idoneo alle esigenze della specie e di cibo a sufficienza. Quando queste condizioni, con l’esplosione del turismo ed il tracollo dell’agricoltura e della zootecnia sono venute a mancare, è iniziato lo stato di sofferenza della specie.
Condizioni che il Parco Nazionale della Majella, con interventi che durano ormai da più di dieci anni, ha in parte ripristinato, procedendo alla chiusura di innumerevoli strade di penetrazione forestale e disattivando diversi sentieri turistici, ponendo a dimora nei siti individuati migliaia di specie fruttifere, e procedendo alla bonifica di migliaia di ettari di territorio da detrattori ambientali pericolosi per la specie.
Ciò è stato accompagnato da una drastica politica di divieto agli ingressi nel Parco di bestiame bovino, equino ed ovino proveniente dall’esterno . Attuando al contempo, una stretta collaborazione con gli allevatori del territorio, garantendo ad essi assistenza veterinaria, concessione di pascoli a prezzo calmierato, rimborsi celeri e maggiorati rispetto ai normali prezzi di mercato, case mobili in uso da usare per gli stazzi, ecc. In ultimo, con la creazione del gregge del parco, la possibilità di optare per il ristoro in natura, con pecore di razza selezionate.
I risultati del monitoraggio degli ultimi due anni, sembrano indicare che la strada seguita è quella giusta. Ciò ci induce, senz’altro, a continuare ed intensificare gli interventi.
D.: Quanto è importante a suo parere l’espansione di questo animale al di fuori della core area? Voi siete pronti ad accoglierlo?
N.C.: La cosidetta “core area” rappresenta appena il 50% circa della principale area di ambiente naturale da sempre abitata dall’orso. Inoltre, l’orso, si sposta su un areale enormemente più ampio, tre volte più grande della superficie del Parco Nazionale d’Abruzzo. E’ questo l’areale – circa 155.000 ha. -da prendere in considerazione per gli interventi volti alla conservazione della specie. Altrimenti si rischia il fallimento. Ciò non è utopistico se si considera che la sola superficie delle diverse aree protette interessate dalla presenza dell’orso supera i 400.000 ha. E’ più complesso, invece, calibrare gli interventi nei corridoi di connessione fra le diverse aree protette. E’ questa la sfida principale.
Il nostro Parco, che ospita da sempre un numero variabile di esemplari, non ha bisogno di accoglierlo. E’ la sua casa ideale, presentando vasti territori privi di strade di penetrazione, o con strade chiuse al traffico, e con risorse trofiche sufficienti.
D.: E’ di queste ultime settimane la notizia di avvistamenti anche in altre aree esterne all’area principale in cui è concentrata la maggior parte della popolazione di orsi. Esiste un strategia unificata per seguire i movimenti della popolazione di orsi sull’appennino o un monitoraggio standardizzato? Secondo lei sarebbero necessari?
N.C.: Il Progetto Life Arctos, che vede capofila il Parco d’Abruzzo, sta curando anche i dettagli di questi aspetti. Il monitoraggio standardizzato è senz’altro necessario per la comparazione dei dati, ma non è certamente il problema principale. Per tutelare efficacemente la popolazione di orsi, bisogna avere il coraggio di chiudere le molte strade di penetrazione, di combattere efficacemente l’invasione di bovini ed equini, che arreca tanti danni e non solo all’orso, e di contenere, drasticamente, la popolazione di cinghiali.
D.: La presenza degli orsi nel vostro parco ha un impatto sulla popolazione? Come preparate le persone all’arrivo degli orsi? La popolazione è spaventata o accoglie l’arrivo come un evento positivo?
N.C.: L’orso è stato visto, a differenza del lupo, da sempre, con molta simpatia. La gente non ha bisogno di essere preparata perché la presenza dell’orso è nel suo DNA.
E persino nella poesia dei suoi pastori : “ La pecora montagnola trascorre le giornate pascolando nei prati della Majella dove c’è tanta bontà e tanta erba buona. A dormire si reca alla grotta di San Giovanni. Quando vede quei temporali ancora lontani, corre, corre, corre e va alla grotta di San Giovanni e si salva. Quando pascolando vede un grosso lupo, corre, corre, corre e va all’altare di Santa Maria e si salva. Dopo si rassicura e torna al prato e vede un grosso orso e allora, corre, corre, corre e va alla grotticella di San Pietro e si salva, con tanta bontà.” Estratto da “I miei sogni sono stati tutti sulla Majella” di Paolo Sanelli, pastore di Caramanico Terme.
Tanto da poter affermare che un Abruzzo senza l’orso, non è Abruzzo.
D.:Cosa significa per un parco nazionale ospitare un animale carismatico come l’orso marsicano?
N.C.:Solo una responsabilità più grande. Gestire le problematiche connesse alla presenza di Orso ma anche di Lupo, Camoscio, Cervi, Caprioli, Aquile, e più in generale di vasti ecosistemi complessi, unici in Europa- ovverosia in ambienti densamente antropizzati- è enormemente più complicato- ed oneroso- che gestire dei piccoli e semplici parchi di paesaggio. Purtroppo, oggi, sono questi ultimi a godere dei favori più ampi, anche in termini di rappresentanza. Una politica interessata e miope ha fatto si che la quantità numerica prendesse il sopravvento sulla qualità e sulla quantità territoriale. Se i Parchi oggi sono in crisi è anche per questo.
E ciò implica la necessità della ricerca di nuove soluzioni di rappresentanza.
D.: Lei è rappresentante del PATOM per la Regione Abruzzo: come ritiene che si stiano svolgendo i lavori relativi al Piano d’Azione per l’Orso coordinati dalla Autorità di Gestione?
Finora è stata convocata una sola riunione dell’Autorità di Gestione , dedicata ad aspetti di carattere organizzativo generale. Mi aspetto, quanto prima, di potermi occupare di problemi concreti.
Mi permetto di esprimere un dubbio sulla “genuinità” dell’Orso marsicano che all’inizio del 1900 era pressocchè estinto. Sembra che lo Zar della Russia, per amicizia, inviò al re V E III alcuni esmplari di orsi degli Urali per rinsanguare la colonia locale che tra bracconaggio e consanguneità si stava estinguendo.