Due recenti ricerche apparse sulla rivista Pediatrics del 9 giugno hanno messo in evidenza come la vaccinazione contro la varicella abbia abbassato il livello di contagio in una popolazione e come un solo caso di un individuo non vaccinato sia stato in grado di provocare un’epidemia in Ohio. Recentemente in Italia il Codacons ha sollevato dei dubbi sulla sicurezza del vaccino esavalente, che viene somministrato alla maggior parte dei bambini italiani. I vaccini sono quindi utili o pericolosi? Gaianews.it ha raggiunto la dottoressa Stefania Salmaso, dirigente di ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità, responsabile scientifico di vari progetti nazionali in ambito di prevenzione e promozione della salute anche in collaborazione con Regioni e Ministero della Salute.
D.: Le teorie “cospirazioniste” sui vaccini sostengono che vaccinare i bambini sia pericoloso e che i vari Paesi decidono di vaccinare i propri cittadini per favorire le multinazionali farmaceutiche. Cosa dice la scienza in proposito?
Stefania Salmaso: Tutte queste teorie non hanno alcun fondamento scientifico e prendono la loro forza da un approccio di tipo solo emotivo.
E’ evidente che l’ipotesi di una cospirazione di chi magari ha interessi commerciali possa sembrare emotivamente più attraente rispetto alla nuda e cruda realtà che è molto più semplice: i vaccini prevengono tante e diverse malattie e ogni vaccino viene usato in modo differente a seconda degli obiettivi di prevenzione. Chi dice che i vaccini non sono utili alla popolazione di fatto nega l’evidenza: il dato storico incontrovertibile dice che negli ultimi 20-30 anni l’attesa di vita è ancora aumentata tra gli Italiani e gran parte dell’aumento dell’attesa di vita non è legata solo al fatto che gli adulti o gli anziani sono meglio assistiti, ma soprattutto al fatto che sono state ridotte enormemente le morti per malattie infettive fatali (quali ad esempio difterite, tetano, polio) che colpivano soprattutto bambini e i giovani. Questo ormai viene quasi disconosciuto: ma era normale, 30-40 anni fa, avere casi di difterite o di poliomielite: purtroppo si perde la memoria storica di malattie altamente pericolose per le quali il vaccino è stato accolto come unica salvezza. Se il rischio di contagio in Italia si è praticamente azzerato queste malattie sono ancora presenti in altre parti del mondo e possono essere importate oppure acquisite all’estero.
D.: Dunque nessun interesse commerciale?
S.S.: L’idea che i programmi nazionali di vaccinazione siano condizionati da interessi commerciali è inverosimile. Nella bilancia dei costi sanitari i vaccini pesano per una quota irrisoria (circa il 2%) rispetto al costo totale dei farmaci. Lae vaccinazioni che offriamo ai nostri bambini nel primo anno di vita costano in media pochi euro, mentre un ricovero ospedaliero per malattia prevenibile costa centinaia di euro al giorno, e i farmaci da utilizzare per la terapia sarebbero certamente più remunerativi. Quasi tutte le vaccinazioni offerte nella prima infanzia inducono una protezione per il resto della vita: anche senza essere degli esperti è evidente che il vantaggio anche in termini di spesa è a favore della vaccinazione.
D.: Ma si corrono dei rischi vaccinandosi?
S.S.: Non ci sono elementi di rischio generici nelle vaccinazioni. Il livello di sicurezza imposto a chi produce vaccini è molto elevato perchè il vaccino si somministra a persone sane e quindi vengono richiesti molti dati sulla sicurezza d’uso prima e dopo l’ autorizzazione. Tutti i vaccini devono rispondere a questi alti standard ed è per questo che non vengono prodotti in tanti posti diversi: il livello di purezza richiesto ai singoli prodotti viene raggiunto in impianti complessi che solo grandi aziende possono mantenere. Va anche aggiunto che alla base dei programmi di vaccinazione esistono degli elementi razionali ben precisi che determinano quando è opportuno offrire la vaccinazione, a che determinate fasce di popolazione è importante indurre l’immunità grazie al vaccino. Nel caso di difterite, tetano, pertosse, meningite, epatite virale e pneumococco i prodotti, ad esempio, sono stati riuniti in una fiala unica che viene offerta nel primo anno di vita per non lasciare pericolosamente suscettibili i bambini nati da poco.
D.: A proposito dell’esavalente il Codacons ha recentemente fatto un esposto evidenziando dubbi sulla sua sicurezza e sulla convenienza economica. Qual è il suo parere?
S.S.: La richiesta avanzata non ha assolutamente fondamento scientifico. E’ fantasiosa l’idea che il bambino che si sottopone ad una vaccinazione esavalente rispetto ad una vaccinazione di soli 4 componenti subisca uno shock immunitario. I vaccini di oggi sono estremamente purificati. Le faccio un esempio: il vaccino contro la pertosse degli anni ’70 conteneva 2mila diverse componenti perché era costituito dall’intera cellula batterica inattivata, oggi lo stesso vaccino contiene solo 5 proteine, per questo possiamo permetterci di vaccinare contemporaneamente contro la pertosse, il tetano e altre malattie, senza alcun rischio di sovraccaricare il sistema immunitario.
Inoltre il Codacons anche a livello economico fa un ragionamento non sostenuto da evidenza scientifiche, perchè parla di dispendio economico: ma quando si parla di una valutazione di spesa, bisogna mettere a confronto il costo del vaccino rispetto al costo della malattia che si previene. Quindi non si può pensare che oggi risparmiare delle risorse economiche sui vaccini sia un vero vantaggio. Infatti il “risparmio” di oggi provocherebbe un “spesa” per le malattie non prevenute in termini di costi di ospedalizzazione, costi per gli accertamenti e di medicine.
D.: Perchè un singolo non può sentirsi libero di scegliere se vaccinarsi o no? Qual è la differenza fra la visione del singolo e quella epidemiologica?
S.S.: In una comunità con elevate proporzioni di vaccinati le infezioni prevenibili con vaccinazioni e che si trasmettono da persona a persona circolano di meno per cui la percezione è il rischio di malattia sia inesistente e quindi sia poco importante vaccinarsi singolarmente. Ma di fatto la ridotta circolazione si mantiene perchè tutti gli altri si vaccinano. In America questo atteggiamento è stato definito come quello di chi sale sull’autobus senza pagare il biglietto, perchè ci si sottrae ad una responsabilità personale, a scapito degli altri.
Nella nostra società si parla molto di solidarietà: in questo caso la vaccinazione di tutti coloro che sono in buona salute e si possono vaccinare, protegge anche tutti coloro che invece hanno delle condizioni di immunodepressione o di patologie concomitanti tali per cui non possono vaccinarsi. Queste persone sono le vittime immediate di una circolazione di patogeni dovuta agli individui non vaccinati. Noi abbiamo avuto in Italia epidemie di morbillo in cui si sono registrati dei decessi: uno di questi, mi ricordo personalmente, era un bambino immunodepresso che è morto di morbillo, contagiato da compagni non vaccinati. Grazie all’avanzamento della medicina noi oggi possiamo permetterci una società diversa da quella spartana, in cui sopravvivevano solo i più forti: abbiamo la possibilità di offrire una buona qualità di vita anche a chi ha dei problemi, ma questo è possibile solo se la società mette in atto tutti i meccanismi per proteggere gli individui più deboli.
Vaccinarsi o non vaccinarsi è una responsabilità individuale, ma bisogna ricordare che chi offre i vaccini si prende la responsabilità dell’offerta e chi rifiuta si assume la responsabilità di lasciare una persona in condizioni di suscettibilità, spesso per il resto della sua vita: nel caso di un bambino di oggi quando saranno passati 20 anni e magari si ammalerà nessuno si sentirà in colpa per non averlo vaccinato.
Chiunque rifiuti la vaccinazione deve fare mente locale che si sta assumendo una responsabilità nei confronti di tutta la vita di suo figlio e di tutti gli altri soggetti che potrebbero essere a contatto con lui e potrebbero avere bisogno della sua immunità. Basti pensare all’esempio della rosolia: quando il nostro bambino non vaccinato prenderà la rosolia potrà venire in contatto con una donna in gravidanza e potrà fare un danno grave, quando invece si tratta di una condizione prevenibile.
D.: Cosa succederebbe se la percentuale dei vaccinati diminuisse? Qual è la situazione in Italia oggi?
S.S.: Le implicazioni di una mancata vaccinazione di ampi strati della popolazione ci riporterebbero a 40 anni fa e quindi ci creerebbero un grandissimo problema di assistenza sanitaria. In Italia ad oggi i dati ufficiali per le vaccinazioni in età infantile non registrano ancora cali preoccupanti, ma riceviamo diverse segnalazioni da operatori sanitari che operano sul territorio di una percezione crescente di preoccupazione da parte di chi riceve l’offerta di vaccinazione.
Abbiamo dei segnali di ritardi nella vaccinazione e alcuni casi di richieste di non accettazione dell’offerta vaccinale, per i motivi più disparati: molti casi sono legati ad un generale senso di sfiducia nelle istituzioni e all’idea che l’offerta venga proposta per altri interessi. Ma questo, come abbiamo detto all’inizio, non ha nessun fondamento scientifico. I dati sono disponibili e accessibili a tutti ed è importante, su argomenti così importanti, mantenere un approccio razionale e non farsi guidare da paure ingiustificate.