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Linfociti T: in guerra da milioni di anni. Ecco come

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 24.05.2013

La storia è fatta di eventi, guerre e battaglie. Ma non solo quella degli umani. Infatti una storia simile è scritta nei nostri geni e racconta le battaglie fra il sistema immunitario umano e i patogeni esterni. Un susseguirsi di mutazioni necessarie ad attaccare e difendersi che si snoda su un periodo di milioni di anni. E’ quello che ha rivelato uno studio tutto italiano che conferma, fra l’altro, l’ibridazione fra l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens.

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E’ stato pubblicato sulla rivista Immunity lo studio realizzato dall’Istituto Scientifico Eugenio Medea, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Milano Bicocca e l’Istituto Scientifico Don Gnocchi, in cui viene analizzata la storia evolutiva di molecole essenziali per la risposta alle infezioni.

Lo studio ha focalizzato l’attenzione sui linfociti T e più precisamente sulle molecole di questi ultimi, che regolano la risposta immnunitaria. I linfociti T sono infatti fondamentali per coordinare la risposta immunitaria ad agenti esterni. E sono fondamentali anche, purtroppo, nelle malattie autoimmuni come la il morbo di Chron e la sclerosi multipla.

Gli autori hanno confrontato sequenze di DNA di 39 specie di mammiferi, analizzando la variabilità genetica delle principali popolazioni umane e confrontandola con il genoma di Neandertal.

“I risultati hanno dimostrato che la selezione naturale ha modellato la diversità genetica di queste molecole nei mammiferi e che la pressione selettiva è stata esercitata da agenti infettivi – evidenzia Manuela Sironi, responsabile del gruppo di ricerca del Medea -. Si è cioè verificata una corsa alle armi in cui i patogeni e i loro ospiti (i mammiferi, in questo caso) hanno evoluto continuamente misure e contromisure atte rispettivamente ad infettare o a difendersi dall’infezione”. Ad esempio il virus che causa il sarcoma di kaposi, tumore maligno che si riscontra prevalentemente nei pazienti affetti da HIV, esprime una proteina, MIR2, in grado di silenziare la risposta immunitaria dell’ospite. La proteina virale interagisce con CD86, una delle molecole incluse nello studio: i risultati hanno indicato che le regioni di CD86 coinvolte nell’interazione con MIR2 sono sottoposte a una forte pressione selettiva.

Le analisi hanno confermato che gli agenti infettivi influenzano l’0evoluzione genetica delle molecole regolatorie dei linfociti T. Gli autori hanno dimostrato che la frequenza di numerose varianti genetiche aumenta in aree geografiche dove è più alto il carico di agenti infettivi, indicando un adattamento a condizioni ambientali in cui le infezioni costituiscono una seria minaccia. Tra tali varianti ve ne sono alcune che rappresentano fattori di rischio genetico per malattie autoimmuni, suggerendo che una parte del rischio di sviluppare queste patologie sia la conseguenza di una risposta immunitaria più efficace alle infezioni.

Infine, il confronto con il DNA dell’uomo di Neandertal ha fornito conferma ad un’ipotesi sempre più accreditata: ovvero che vi sia stato passaggio di materiale genetico tra la nostra specie e i Neandertaliani; tale flusso genico ha coinvolto geni di risposta alle infezioni.

“Nulla ha senso in biologia se non alla luce dell’evoluzione” scrisse il genetista Dobzhansky; forse l’evoluzione può anche spiegare il senso del nostro ammalarci. Sicuramente, possiamo oggi ripercorrere la storia dell’incontro con i nostri peggiori nemici, gli agenti infettivi, e identificare le impronte che hanno lasciato nel patrimonio genetico della nostra specie e le loro conseguenze.
LA s

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