L’uso di marijuana riduce la qualità del sonno. I risultati di un recente studio evidenziano che il consumo di cannabis è associato alla difficoltà di addormentarsi e alla conseguente sonnolenza durante il giorno. La ricerca è stata pubblicata di recente sulla rivista Sleep e verrà presentata domani mercoledì 4 giugno, a Minneapolis, Minnesota, durante SLEEP 2014, il 28esimo meeting dell’Associated Professional Sleep Societies LLC.
I disturbi maggiori sono stati trovati negli adulti che hanno iniziato ad usare marijuana prima dei 15 anni: questi infatti avevano circa il doppio delle probabilità di avere gravi problemi ad addormentarsi e a sentirsi eccessivamente stanchi nelle ore diurne. I risultati dell’indagine sono stati basati su fattori che comprendevano età, sesso, etnia e istruzione.
“I consumatori di marijuana hanno più probabilità di avere problemi di sonno”, afferma l’autore Jilesh Chheda, assistente di ricerca presso l’Università della Pennsylvania a Philadelphia, che ha collaborato con il dottor Michael Grandner, autore senior dello studio. “La scoperta più sorprendente è stata che c’è una forte relazione con l’età del primo utilizzo”.
Lo studio ha coinvolto adulti di età compresa tra i 20 e i 59 anni tra il 2007 e il 2008. I risultati suggeriscono che l’uso di marijuana in adolescenza può essere un rischio elevato per i successivi sintomi dell’insonnia e dello stress.
“Il consumo di marijuana è molto comune”, ha detto Chheda. “E poichè sta diventando legale in molti stati, è importante capirne l’impatto sulla salute”.
Attualmente numerose ricerche stanno scoprendo nuove ed innovative applicazioni, legate alla sostanza, per scopi medici e ricreativi.
Un team dell’Università della Carolina del Sud, guidato da Mitzi Nagarkatti, Prakash Nagarkatti e Xiaoming Yang ha individuato un nuovo percorso attraverso il quale la marijuana potrebbe sopprimere le funzioni immunitarie del corpo. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Biological Chemistry.
La marijuana viene spesso utilizzata per alleviare nausea e vomito nei malati di cancro, combattere la sindrome da deperimento di alcuni pazienti affetti da AIDS e per alleviare il dolore cronico.
Questo nuovo studio ha scoperto una sua nuova potenziale applicazione nella soppressione della risposta immunitaria per trattare le malattie autoimmuni. I ricercatori hanno voluto scoprire se il tetraidrocannabinolo avesse la capacità di influenzare l’espressione del DNA attraverso percorsi epigenetici al di fuori del DNA stesso.
I risultati dimostrano che il THC può cambiare le molecole critiche chiamate istoni, portando alla soppressione dell’infiammazione. La marijuana, dunque, potrebbe essere efficace nel trattamento di malattie autoimmuni come artrite, lupus, morbo di chron, sclerosi multipla, in cui l’infiammazione cronica gioca un ruolo centrale.
Secondo il National Institute on Drug Abuse, l’uso di cannabis tra i giovani è in aumento dal 2007. Il governo federale non considera la marijuana per usi medicinali, ma ne rileva i rischi dell’abuso. Tuttavia, Colorado e Washington hanno legalizzato la marijuana per uso ricreativo fra gli adulti e 21 stati hanno approvato leggi che consentono il suo utilizzo come trattamento per alcune condizioni mediche. Nel nostro Paese la discussione sulla liberalizzazione della cannabis è aperta.