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Gli scienziati progettano proteine ​​anti-influenzali grazie al peer-to-peer

Scritto da Paolo Ferrante il 15.05.2011
Ospedale militare con pazienti affetti dalla Spagnola in Kansas, nel 1918

Ospedale militare con pazienti affetti dalla Spagnola in Kansas, nel 1918

Che l’influenza faccia paura più agli scienziati che all’opinione pubblica? Questa ipotesi spiegherebbe le ondate di psicosi collettiva, partite principalmente dagli allarmi lanciati dai ricercatori negli anni passati, e le critiche arrivate da molte parti per la iper-reattività degli istituti sanitari che spesso è stata addirittura associata ad interessi economici e a connivenze con le case farmaceutiche. Ma forse la realtà è un’altra. I ricercatori non sanno proprio come curare l’influenza. In teoria, quindi, un ceppo particolarmente virulento di influenza potrebbe significare una catastrofe nell’era della globalizzazione, che porta merci e persone da un capo all’altro del pianeta nel giro di poche ore.

Ora forse una nuova arma contro l’influenza potrebbe arrivare da un’altro fenomeno caratteristico dei nostri tempi, il peer-to-peer. In particolare, una rete di computer di comuni cittadini (per partecipare clicca qui) è stata utilizzata per calcolare come dovrebbero essere le proteine di un eventuale nuova arma contro l’influenza, chiamate per questo proteine antivirali.

Uno degli obiettivi delle proteine antivirali è quello di bloccare i meccanismi molecolari coinvolti nell’invasione delle cellule e nella riproduzione del virus. Un articolo pubblicato il 12 maggio su Science ha illustrato l’utilizzo di metodi computazionali per progettare nuove proteine ​​antivirali non presenti in natura, ma capaci di colpire superfici specifiche di molecole del virus influenzale.

Uno degli obiettivi della progettazione delle proteine sarebbe quello di bloccare i meccanismi molecolari coinvolti nell’invasione delle cellule e nella riproduzione del virus.

Progettate grazie a calcoli al computer, le proteine ​​antivirali potrebbero anche avere un potenziale diagnostico e terapeutico per individuare e combattere le infezioni virali.

Gli autori dello studio sono Sarel Fleishman e Timothy J. Whitehead del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Washington (UW) , e Damian C. Ekiert del Dipartimento di Biologia Molecolare lo Scripps Research Institute. Gli autori senior sono Ian Wilson senior del Scripps e David Baker dall’UW e dell’Howard Hughes Medical Institute.

I ricercatori sottolineano che sono necessari ulteriori studi per capire  se le proteine con proprietà antivirali ​​potranno aiutare a diagnosticare, prevenire o curare malattie causate da virus come l’influenza, e ciò che finora lo studio suggerisce è la possibilità di utilizzare la progettazione al computer per creare queste proteine ​​.

“L’influenza rappresenta una grave sfida per la salute pubblica”, hanno osservato i ricercatori, “e sono necessarie nuove terapie per combattere i virus che sono resistenti agli attuali farmaci anti-virali o che sfuggono ai sistemi di difesa del corpo.”

I ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sulla sezione del virus dell’influenza conosciuta come la regione dell’emoagglutinina. Si sono concentrati sul tentativo di disabilitare questa zona a causa della sua funzione a invadere le cellule del tratto respiratorio umano.

E’ la prima volta che si tenta una sintesi a livello atomico e molecolare. Al centro di questo nuovo approccio c’è la capacità delle molecole biologiche di riconoscere alcune altre molecole o loro parti, e di avere  una “chiave” specifica per potersi attaccare ad esse in punti specifici. Questo riconoscimento avviene ad entrambi i livelli, fisico e chimico. Le interazioni proteina-proteina sono alla base di molte attività biologiche, comprese quelle che potrebbero disarmare e disattivare i virus.

Nella loro relazione, i ricercatori hanno descritto i loro metodi generali di calcolo per la progettazione di nuove molecole proteiche che si legherebbero in alcuni punti di grosse molecole proteiche. Hanno preso in esame alcune strutture proteiche e hanno guardato come queste sezioni interagivano con una superficie di destinazione. Hanno analizzato le interazioni ad alta affinità, e utilizzato queste informazioni per perfezionare i disegni generati dal computer delle interfacce.

“Le superfici delle proteine ​​non sono mai piatte, ma hanno molte fessure e rigonfiamenti su scala atomica,” ha spiegato l’autore Sarel Fleishman. “La sfida è di identificare le catene laterali di aminoacidi che si inserirebbero esattamente su queste superfici. La dimensione deve essere precisa, sia nella forma che nelle proprietà chimiche, come la carica elettrostatica. Il problema geometrico e biofisico può essere risolto a livello computazionale, ma richiede il calcolo di un’enorme mole di dati”.

I ricercatori hanno fatto uso di una piattaforma peer-to-peer denominata Rosetta@Home (per partecipare clicca qui) per elaborare le centinaia di milioni di possibili interazioni delle proteine ​​progettate e la superficie dell’emoagglutinina per risolvere questa sfida. La rete informatica in pratica consiste di unprogramma da installare sul proprio computer e che dona un po’ del nostro potere di calcolo, spesso inutilizzato, al progetto.

A seguito dell’ottimizzazione, le proteine ​​progettate si sono legate molto strettamente all’emoagglutinina.

Le carenze del metodo computazionale dovuto ad alcune approssimazioni, tuttavia, ha fatto sì che i ricercatori abbiano analizzato 73 possibili proteine di cui solo due hanno avuto successo.

Attraverso questo metodo, i ricercatori hanno creato due progetti per nuove proteine ​​che possono legarsi a una zona superficiale della emoagglutinina influenzale del virus dell’influenza del 1918 H1N1, conosciuta come Spagnola, un’influenza pandemica che ha provocato decine o forse centinaia di milioni di morti in tutto il mondo.

La cosa che ancora preoccupa i ricercatori è che molte delle morti della Spagnola non sono state causate da complicazioni, come la polmonite o l’insufficienza respiratoria, ma dalla cosiddetta “tempesta di citochine”, una iper-reazione del sistema immunitario che ha portato alla morte soprattutto in soggetti di giovane età, tra i 20 e i 40 anni.

Una delle caratteristiche più insidiose della proteina virale emoagglutinina dell’influenza è che cambia forma quando si trova in un ambiente acido. Questa riconfigurazione sembra consentire al virus di riprodursi all’interno delle cellule.

In questo studio, una delle proteine ​​di nuova concezione ha dimostrato di riuscire a bloccare un cambiamento conformazionale, non solo nell’emoagglutinina influenzale del ceppo H1, ma anche in un componente simile nel ceppo H5 dell’influenza aviaria.

“Questa scoperta suggerisce che la progettazione di nuove proteine potrebbe neutralizzare gli effetti dei virus nei confronti di diversi sottotipi di influenza,” dicono i ricercatori.

“Nel complesso, la struttura cristallina della proteina è in ottimo accordo con l’interfaccia progettata”, hanno osservato i ricercatori, “senza deviazioni significative in uno qualsiasi dei punti di contatto.” Il design e la reale formazione sono stati quasi identici.

E gli scienziati sono quindi molto incoraggiati a proseguire su questa strada. Nonostante i suoi limiti, il metodo di progettazione riesce a catturare i tratti essenziali della interazione tra proteine e virus.

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  • Mike scrive:

    Il distributed computing è un sistema usato ormai da molti anni per la ricerca nei settori più diversi, l’università di Berkeley in California ha sviluppato e messo a disposizione di tutti “Boinc” il client che consente di destinare il tempo di inattività del proprio pc all’analisi dei dati di moltissimi progetti diversi, dall’analisi delle proteine alla ricerca di segnali radio dallo psazio profondo. (http://boinc.berkeley.edu/)