La sindrome da stanchezza cronica, conosciuta anche come ME / CFS (acronimo di Myalgic Encephalomyelitis / Chronic Fatigue Sindrome), è una patologia multifattoriale idiopatica complessa, caratterizzata da una stanchezza profonda che non si allevia con il riposo, che perdura da mesi ed è esacerbata da ogni minimo sforzo, sia fisico che mentale.
Chi ne è affetto, presenta anche disfunzioni cognitive (la cosiddetta ‘mental frog’ o nebbia mentale), alterazioni del sonno e una sintomatologia dolorosa estremamente varia, che rende questa patologia molto invalidante, devastante per la vita quotidiana del paziente.
L’eziologia è ignota e al momento non esistono ancora test diagnostici e cure risolutive.
Dagli Stati Uniti giunge ora una notizia che getta una nuova luce sull’argomento.
I ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università di Stanford, in California, hanno infatti individuato nel sangue dei pazienti affetti da ME / CFS un gruppo di biomarcatori che sono collegati alle variazioni di 17 proteine del sistema immunitario.
Si tratta di una notizia fondamentale per le indagini su questa patologia che da tempo si conducono un po’ovunque nel mondo.
Finora, nei pazienti afflitti da questa sindrome, i biomarcatori usati tradizionalmente per individuare le alterazioni del sistema immunitario non erano ancora stati trovati in quantità sufficiente; o, per meglio dire, non erano stati individuati con una regolarità tale da poter essere utilizzati come elementi diagnostici.
I risultati, a detta degli studiosi, forniscono la prova che l’infiammazione è il fattore-chiave di questa condizione, le cui origini vengono ricercate da almeno 35 anni a questa parte.
I risultati dello studio sono stati descritti negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze e potrebbero imprimere una svolta nella conoscenza della patologia, migliorando la diagnostica e indirizzando più opportunamente il trattamento terapeutico.
“Finora hanno regnato controversia e confusione sull’insorgenza e l’andamento di questa patologia, anche se si tratta di una malattia reale”, ha dichiarato il prof. Mark Davis, microbiologo e immunologo, nonché direttore dell’Istituto di Immunologia di Stanford. “I nostri risultati dimostrano chiaramente che si tratta di una malattia infiammatoria, che necessita di un test diagnostico del sangue”.
“In alcuni casi, farmaci antivirali, antinfiammatori e immunomodulatori hanno portato ad un miglioramento sintomatico”, dichiara il prof. José Montoya, ordinario di malattie infettive presso il Centro Medico di Stanford. “Tuttavia, non è ancora stato isolato alcun agente patogeno che da solo possa essere considerato il fattore responsabile della ME / CFS, e gli sforzi finora fatti per identificare le anomalie immunologiche che stanno alla base della malattia hanno avuto risultati conflittuali e confusi”
. Tuttavia, la sporadica efficacia dei farmaci antivirali e antinfiammatori hanno spinto Montoya ed il suo team ad intraprendere uno studio sistematico per analizzare e chiarire una volta per tutte il ruolo della condizione infiammatoria nell’insorgenza della malattia.
Gli studiosi di Stanford hanno indagato sulle citochine, le proteine la cui funzione consiste nell’invio di segnali tra cellule del sistema immunitario e tra queste e i tessuti.
Sono stati analizzati e confrontati i campioni di sangue di 192 pazienti e di 393 soggetti sani. L’età media di entrambi i gruppi era di circa 50 anni e la durata della sintomatologia perdurava nei pazienti da più di 10 anni.
Sono stati individuati 17 tipi di citochine che possono essere usate per risalire alla malattia.
13 di queste 17 proteine sono associate ad una condizione infiammatoria che è ancora tutta da indagare.
Una delle citochine incriminate, la leptina, è secreta dal tessuto adiposo e i suoi effetti interessano metabolismo, sistema endocrino, ipotalamo e sistema immunitario. Generalmente la leptina è più abbondante nel sangue delle donne rispetto agli uomini e questo potrebbe spiegare la presenza maggiore della malattia nei pazienti di sesso femminile.
Le citochine in questione non sono ovviamente la causa della ME / CFS, ma una traccia della patologia, un segnale chimico che dovrebbe consentire di seguire un determinato percorso – finora sconosciuto – per giungere finalmente ad un esame diagnostico.