Un nuovo studio potrebbe aiutare a risolvere un dibattito di lunga durata sulle origini dei primi americani, secondo un articolo apparso sulla rivista Science.
Lo studio si basa su informazioni genetiche desunte dal dente di una ragazza adolescente, caduta in una voragine nello Yucatan 12 o 13 mila anni fa e recuperata da un team internazionale multidisciplinare di scienziati.
I resti della ragazza sono stati rinvenuti accanto a quelli di antichi animali, ora estinti, caduti anch’essi nella stessa ‘trappola naturale inevitabile’, come è stata definita dai ricercatori l’antica dolina, ossia la cavità probabilmente quasi nascosta nel calcare del Messico, all’interno del sistema di grotte chiamato Sac Actun.
Il team, guidato dai ricercatori della University of Illinois che, come già detto, annoverava diversi specialisti di varie discipline, oltre a sommozzatori e archeologi, ha usato la datazione al radiocarbonio e analizzato prove chimiche delle ossa per determinare l’età in cui l’adolescente visse.
Da tempo gli scienziati stanno dibattendo le origini dei primi americani e le opinioni sono le più varie. Il punto di vista più gettonato, e confortato ora dalle prove genetiche, è quello che sostiene che gli immigrati originari siano venuti dall’Asia attraversando a piedi il ponte di terra che collegava l’estrema zona a nord-est dell’Asia con l’Alaska, la famosa terra di Beringia.
I resti più antichi, tuttavia, avevano sconcertato gli studiosi perché i crani rinvenuti erano più stretti di quelli ritenuti i nativi americani attuali, oltre ad avere altre caratteristiche anatomiche che non collimavano. Alcuni ricercatori avevano ipotizzato che questi individui potessero esser giunti da più lontano, probabilmente dal Sud-est asiatico. Anche la ragazza caduta nella dolina è risultata avere una testa dalla forma insolita.
“Esistono molte teorie sul popolamento delle Americhe”, afferma Ripan Malhi, docente di Antropologia della University of Illinois e professore di Biologia genomica all’Istituto dello stesso Ateneo, uno dei tre laboratori che hanno eseguito, ciascuno per suo conto, le analisi genetiche per il nuovo studio. “Pare che le indagini genetiche stiano smontando molte di queste teorie”, aggiunge Malhi.
Gli altri due laboratori coinvolti nelle analisi genetiche sono quello di Brian Kemp, presso la Washington State University, e quello di Deborah Bolnick, presso l’Università del Texas, che hanno analizzato il DNA mitocondriale estratto dal dente della ragazza.