Un team internazionale di archeologi subacquei ha recuperato splendidi resti di un’antica nave greca, affondata più di 2000 anni fa al largo dell’isola di Anticitera (oggi, Cerigotto), situata nel Mar Egeo, a sud della Grecia.
Il relitto era stato individuato, casualmente, nel 1900 da alcuni pescatori di spugne che su quell’isola avevano cercato riparo da una tempesta. All’epoca era stata recuperata una parte del prezioso carico, consistente in statue di bronzo e di marmo, gioielli, anfore, mobili e cristallerie.
Tuttavia, la scoperta più sensazionale fu la cosiddetta ‘Macchina di Anticitera’, il più antico calcolatore meccanico conosciuto, attribuito ad un periodo tra il 150 e il 100 a.C.
Si trattava – fui poi scoperto – di un sofisticato planetario, oggi conservato al Museo Archeologico di Atene, che, mosso da ruote dentate, permetteva – tra l’altro – di calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei pianeti allora conosciuti, i giorni della settimana e le cadenze dei giochi olimpici.
A causa della profondità a cui giaceva il relitto (55 metri), il recupero dei reperti fu difficoltoso, caratterizzato da eventi tragici, come la morte di un sommozzatore e la paralisi di altri due, imputabili alle insufficienti apparecchiature dell’epoca, che non consentivano una permanenza prolungata a profondità eccessive.
La ricerca venne interrotta, non prima tuttavia di aver riportato in superficie autentici tesori dell’arte greca risalenti al 340 a.C., tra cui un ‘discobolo’, un ‘Efebo’ in bronzo e una testa di filosofo.
Nel dopoguerra furono compiute altre immersioni, cui partecipò anche il celebre subacqueo Jacques Cousteau, che negli anni Settanta recuperò delle monete coniate tra il 76 e il 67 a.C.
Nel 2012 altri archeologi, tra cui Brendan Foley, della Woods Hole Oceanographic Institution degli Stati Uniti e Theotokis Theodoulou, dell’Agenzia greca per le Ricerche archeologiche sottomarine, sono tornati sul sito, utilizzando la tecnologia ‘Rebreather’ che consentiva di raggiungere una maggiore profondità (70 metri) e di lavorare fino ad un massimo di tre ore, per esaminare una parte di fondo marino molto più vasta, alla ricerca di eventuali altri reperti che fossero stati trascinati via dalle correnti.
Durante l’ultima ricerca (15 settembre – 7 ottobre 2014), guidata da Foley, i sommozzatori, utilizzando telecamere montate a bordo di un veicolo sottomarino a propulsione autonoma (AUV), hanno ricostruito una mappa tridimensionale del sito.
La vasta distesa di resti e le dimensioni delle àncore e delle tavole dello scafo testimoniano la grandezza della nave, che doveva raggiungere i cinquanta metri di lunghezza.
Tra parti del carico e della nave, il reperto che spicca tra gli altri per importanza è senz’altro una lancia di bronzo di due metri di lunghezza.
“Troppo pesante per essere usata come arma, doveva sicuramente far parte di una scultura raffigurante un guerriero o la stessa dea Atena”, dichiara Foley.
Dato che nel 1901 erano stati ripescati quattro cavalli di marmo, si ipotizza che questi, insieme alla lancia, avrebbero potuto appartenere ad un guerriero su un carro trainato da cavalli.
I componenti della nave, tra cui varie àncore in bronzo, lunghe oltre un metro, e un anello in bronzo del sartiame con frammenti di legno ancora attaccati, dimostrano che gran parte della nave resta tuttora da scoprire.
Secondo Foley ci si troverebbe di fronte al “più grande naufragio dell’antichità mai scoperto prima. Il Titanic del mondo antico”.
Il naufragio risalirebbe al 70-60 a.C. e probabilmente doveva trattarsi di un carico prezioso che dall’Asia Minore veniva trasportato a Roma, forse per una parata trionfale di Cesare.
Anticitera si trova infatti sulla rotta principale che la nave avrebbe dovuto percorrere e che, a causa di una violenta tempesta, andò a fracassarsi contro le scogliere dell’isola.
L’abbondanza di reperti recuperati fa presumere comunque che gran parte del carico della nave sia ancora conservato nei sedimenti del fondo.
I lavori non sono quindi terminati e gli archeologi si sono dati appuntamento per il prossimo anno per riportare alla luce la parte restante.