Già nel 1970 gli scienziati ci avevano messo in guardia sui pericoli dei artificiali composti a base di cloro e dei loro effetti sullo strato di ozono nell’Antartide, ma grazie al Protocollo di Montreal ci fu un’azione internazionale per ridurre la produzione e l’immissione dei cloro-fluoro-carburi in atmosfera. Ora però il buco presente nella calotta artica inizia a preoccupare seriamente i ricercatori.
Lo strato di ozono è un componente essenziale per la vita sulla Terra, in quanto protegge gli organismi dai raggi ultravioletti, dannosi per la stabilità del Dna.
L’impoverimento di questa barriera protettiva è principalmente dovuta all’uso massiccio negli anni passati di sostanze alogenate che riducono lo strato di ozono come i CFC (clorofluorocarburi). Nonostante una riduzione generale delle emissioni di CFC, il danno rimarrà con noi per un tempo considerevole e i ricercatori suggeriscono che non potremo vedere una ripresa dello strato di ozono in Antartide fino a dopo il 2050.
Ora un recente studio della NASA ha portato ad una scoperta allarmante, rivelando che la deplezione di ozono sopra l’Artico nel 2011 è stata notevolmente più alta rispetto a quanto ci si aspettasse, molto di più di quello che succede in Antartide.
La ragione della sorpresa da parte dei ricecatori è che normalmente le temperature più calde dell’Artico riducono la produzione delle forme di cloro necessarie alla reazione con le molecole di ozono. Quest’anno c’è stato però un periodo prolungato di freddo nell’Artico, che ha probabilmente dato la possibilità ai composti chimici di origine antropica di interagire per un periodo più lungo con l’ozono.
Il ruolo della NASA in questo studio è stato fondamentale, ed ha coinvolto l’uso di CALIPSO e Aura. CALIPSO monitora la copertura nuvolosa e di altri aerosol nell’atmosfera terrestre, mentre Aura controlla lo strato di ozono e la qualità dell’aria.
La combinazione dei dati provenienti da questi satelliti e le misure dai palloni sonda e da stazioni meteorologiche è stata la base di questo studio.