Sulla rivista scientifica Proceeding of the National Academy of Sciences (PNAS) è stato pubblicato uno studio sugli itinerari seguiti dai primi coloni che dal Medio Oriente raggiunsero l’Europa all’inizio del periodo Neolitico.
Tra 8800 e 10mila anni fa, nel Levante, la regione del Mediterraneo orientale che comprende oggi Israele, Giordania, Cisgiordania, Siria e parte della Turchia, i nostri antenati impararono a coltivare la terra, abbandonando l’attività di cacciatori-raccoglitori, e diventando pertanto i primi agricoltori.
I flussi migratori tra 8000 e 10000 anni fa dal Levante all’Europa segnarono l’inizio del Neolitico e la fase di esportazione dell’agricoltura
(crediti: NASA)
Gli archeologi usano questo passaggio per definire la fine dell’Età Paleolitica e l’inizio del Neolitico.
Esistono prove archeologiche certe che verso il 7000 a.C. questi agricoltori neolitici cominciarono la colonizzazione del resto d’Europa, insegnando le nuove tecniche alle popolazioni locali con cui venivano in contatto, emigrate nel continente già 30-40mila anni prima.
Gli studiosi si sono interrogati a lungo su come siano avvenuti gli spostamenti migratori e quali itinerari abbiano potuto percorrere. Si fanno, ovviamente, varie ipotesi. Chi sostiene che la via preferita sia stata dalle coste levantine a Creta e quindi, si sia arrivati in Grecia, attraversandola poi in direzione nord. Altri propendono per un primo itinerario, attraverso l’Anatolia e il Dodecaneso, l’arcipelago greco, fino a Creta da dove poi si sarebbe arrivati sulle coste elleniche.
Per fornire una risposta a questi interrogativi e sciogliere qualche dubbio, un team internazionale di ricercatori, guidati da George Stamatoyannopoulos, docente di genetica dell’Università di Washington, ha osservato i marcatori genetici trovati in 32 popolazioni moderne ripartite tra Vicino Oriente, Nord Africa, Anatolia, Isole dell’Egeo, Creta, Grecia e Nord Europa.
I presupposti su cui era improntato lo studio erano semplici, ma ambiziosi al tempo stesso.
Quando una popolazione giunge a contatto con un’altra, introduce i suoi geni (flusso genico) e il risultato è una mescolanza di geni rilevabili nei discendenti delle due popolazioni. Questo è il punto focale per la ricerca.
Infatti, continuando le migrazioni e le mescolanze con sempre nuovi flussi genici, i genomi risultanti si andranno sempre più evolvendo, serbando però le tracce genetiche. Le analisi hanno confermato che i migranti del Neolitico si spostarono inizialmente dal Levante attraverso l’Anatolia, l’arcipelago del Dodecaneso, quindi Creta e le coste meridionali greche.
Da qui si è balzati verso la Sicilia, per poi risalire lungo le coste mediterranee verso il Sud Europa e ancora più su, verso il Nord Europa. “Le popolazioni in movimento furono diverse”, dice Stamatoyannopoulos. “Qualcuna predilesse sicuramente percorsi via terra, ma siamo certi che la maggior parte abbia seguito la rotta da noi individuata”.
Sono stati ritrovati flussi genici diretti, attraverso quello che è l’attuale Egitto, anche verso il Nord Africa e giù, a sud verso l’Arabia, mentre non ci sono prove di flussi genici dall’Africa verso l’Europa. Questo fa pensare che il Mediterraneo anche se ha consentito degli spostamenti di notevole entità lungo le sue coste, è stato tuttavia una formidabile barriera tra i due continenti.
Un altro interrogativo che si poneva era se la cultura neolitica si fosse diffusa per ‘via culturale’, in maniera, cioè, di diffusione delle idee attraverso contatti culturali, oppure come ‘diffusione demica’ in cui si ha diretto contatto tra popoli (ricordiamo che demos, in greco, sta per ‘popolo’).
“Ebbene, anche se sicuramente la diffusione culturale avrà avuto luogo, i risultati da noi conseguiti indicano che la strada più praticata è stata certamente la via demica, il contatto tra popolazioni” afferma decisamente Stamatoyannopoulos.