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Marte si è formato più lentamente di quanto si è finora ritenuto

Scritto da Leonardo Debbia il 01.03.2020

Alle sue origini, il Sistema solare primigenio fu di sicuro una regione particolarmente dinamica e caotica dell’Universo. Le simulazioni di quei momenti eseguite in laboratorio dagli scienziati del Southwest Research Institute di S. Antonio, in Texas, indicano che Marte, all’inizio della sua storia, fu probabilmente colpito innumerevoli volte da planetesimi, cioè piccoli protopianeti del diametro di poco più di 1900 chilometri (circa un sesto del diametro della Terra).

Immagine di repertorio del Pianeta Rosso fornita dalla NASA

Gli studiosi hanno modellato anche la miscelazione dei materiali ritenuti associati a questi impatti, scoprendo che il Pianeta Rosso potrebbe essersi formato in un arco di tempo più lungo di quanto sia stato stimato fino ad oggi.

Importanti quesiti con cui si interrogano le Scienze planetarie è riuscire a stabilire come sia avvenuta la formazione di Marte e fino a qual punto la sua evoluzione iniziale possa essere stata influenzata dalle numerose collisioni di materia cosmica.

Le risposte a queste domande non sono facili, dato che miliardi di anni di storia hanno costantemente cancellato le tracce lasciate da impatti tanto precoci.

Di circa 61mila meteoriti rinvenute sulla Terra, solo 200 circa sono di provenienza marziana; e tutte quante sono risultate espulse dal Pianeta Rosso soltanto da collisioni recenti.

Queste meteoriti hanno una composizione alquanto varia che va dal ferro al tungsteno e al platino; metalli, questi ultimi due, con una spiccata affinità per il ferro.

Si tratta di elementi che solitamente hanno origine nel mantello e nel nucleo di un pianeta in formazione.

Le prove dell’esistenza di questi elementi nel nucleo di Marte sono date dalle meteoriti giunte sulla Terra, che hanno una notevole importanza perchè indicano che quel pianeta fu bombardato da planetesimi anche in età ‘adulta’; dopo, cioè, aver completato la sua formazione primaria.

L’aiuto fondamentale per capire quando il pianeta abbia raggiunto il completamento della sua formazione viene fornito agli scienziati dallo studio del decadimento radioattivo degli isotopi degli elementi prodotti nel mantello.

“Che Marte abbia acquisito elementi come l’oro e il platino fin dalle prime grandi collisioni era cosa nota”, afferma il dr Simone Marchi, astrofisico italiano a guida del team di ricercatori e autore di un articolo in proposito sulla rivista Science Advances. “Sulla base del nostro modello, le prime collisioni che avrebbero colpito Marte dopo che il suo nucleo si era già formato avrebbero dato origine ad un mantello eterogeneo, simile ad una torta marmorizzata”.

Questi risultati fanno ritenere che il numero limitato di meteoriti disponibili per lo studio potrebbe aver falsato la visione finora prevalente.

Sulla base del rapporto tra gli isotopi del tungsteno presente nei meteorit, era stato presunto, infatti, che Marte avrebbe avuto una crescita rapida, in circa 2-4 milioni di anni dalla formazione del Sistema solare.

Tuttavia, grandi e precoci collisioni potrebbero invece aver alterato l’equilibrio isotopico del tungsteno; e questo fatto, per la formazione di Marte, potrebbe suggerire una scala temporale più lunga, che avrebbe potuto raggiungere anche i 20 milioni di anni, come mostra il modello simulato negli Stati Uniti.

Le meteoriti marziane giunte sulla Terra, a questo punto, probabilmente hanno avuto origine solo in alcune parti del Pianeta Rosso.

La nuova ricerca mostra che il mantello marziano avrebbe potuto ricevere varie aggiunte di materiali, portando a concentrazioni variabili di elementi che hanno affinità con il ferro.

Si ritiene quindi che le prossime missioni su Marte, comprese quelle per riportare campioni sulla Terra, forniranno nuove e più precise indicazioni per comprendere meglio la variabilità di questi elementi nelle rocce marziane e gettare una luce migliore sulla prima evoluzione del Pianeta Rosso.

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