Ricercatori dell’Università di Tubinga e archeologi iraniani hanno portato in luce le prove dell’esistenza di un commercio di materie prime tra l’Iran e la Mesopotamia durante l’Età del bronzo.
Molti di noi hanno veduto le statue imponenti di antichi sovrani mesopotamici esposte al Louvre e al British Museum: sono la testimonianza della ricchezza fiorente nelle città-stato accadiche e sumeriche dell’Età del bronzo, risalenti a più di quattromila anni fa.
Il mistero è che queste statue sono state realizzate in diorite nera e gabbro, rocce vulcaniche di cui oggi non c’è traccia né in Iraq, nè nel Nord-est della Siria.
Da dove proveniva allora quella roccia?
Non è difficile immaginare che i blocchi di pietra siano stati trasportati lungo antichi percorsi da lontani fornitori commerciali fino alle città della Mesopotamia dell’Età del bronzo.
Un team di ricercatori dell’Università di Tubinga si è messa così al lavoro per scoprire le origini delle rocce e i metodi utilizzati per spostare carichi così pesanti sulle grandi distanze.
Per avere risposte adeguate, i ricercatori hanno cercato la collaborazione del Centro di Ricerca archeologica iraniana, operando sotto la guida congiunta del professor Peter Pfalzner, dell’Istituto per gli Studi del Vicino Oriente antico, e del suo collega, Nader Soleimani, direttore dei Beni Culturali del sito di Jiroft, il sito archeologico nella regione di Kerman, la culla di questa civiltà, da poco scoperta nell’Iran sud-orientale.
In questa regione, non lontana dal Golfo Persico, gli archeologi hanno trovato diorite e gabbro, rocce con tutte le caratteristiche petrografiche delle statue mesopotamiche.
Nella stessa zona gli archeologi hanno anche trovato depositi di clorite, la roccia metamorfica usata per fabbricare vasi e utensili di pietra – già rinvenuti nel 2001 anche in una tomba locale – che sicuramente furono anche esportati verso la Mesopotamia ed il Levante.
Vicino a questi depositi, i ricercatori hanno poi trovato dei petroglifi e i primi insediamenti riconducibili all’Età del bronzo, che indicherebbero un’attività estrattiva della pietra, iniziata durante la Cultura Jiroft del Sud-est dell’Iran (circa 3000-2000 a.C.), prima menzionata.
Uno degli insediamenti recentemente scoperti potrebbe essere stato un centro di produzione e di distribuzione della pietra.
“Questo dimostra che, nella prima Età del bronzo, le civiltà della Mesopotamia e del Sud-est dell’Iran erano certamente in contatto”, afferma il professor Pfalzner. “Il Golfo Persico probabilmente servì come via commerciale”.
Secondo Pfalzner, questo tratto di mare ha avuto un ruolo essenziale nei legami tra le regioni più progredite, dall’Età del bronzo sino ai giorni nostri.
Pfalzner e il suo collega iraniano Nader Soleimani sono impegnati in una ricerca comune su un’area di 110 per 120 chilometri nella provincia di Kerman, sia con escursioni sul terreno che per via aerea, utilizzando velivoli senza pilota.
Finora la ricerca archeologica non era stata molto attiva in quella calda e secca regione a sud della città di Jiroft.
Oggi finalmente, utilizzando la fotografia aerea, gli archeologi tedeschi stanno riproducendo vari modelli tridimensionali di antichi insediamenti dell’epoca della Cultura Jiroft e di altri periodi storici precedenti l’avvento dell’Islam.
Lungo le strade commerciali che corrono tra le catene di alte montagne verso la costa del Golfo Persico, il team sta cercando anche di individuare delle stazioni di sosta o qualsiasi altro segno di attività commerciale che possa risalire all’Età del bronzo.
Fino a questo momento, sono stati mappati e studiati 42 insediamenti.
Ora che le indagini iniziali hanno dato risultati tangibili, si prevede di riprendere i lavori in Iran nel febbraio del 2016.
Gli studiosi sperano di saperne di più sulle antiche rotte commerciali dell’Età del bronzo tra la Cultura Jiroft e le città-stato mesopotamiche, come pure conoscere quali effetti possa aver avuto questo primo commercio a lunga distanza sulla civiltà iraniana di 4000 anni fa.