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La ‘Monna Lisa’ dei fossili scoperta in Canada

Scritto da Leonardo Debbia il 15.08.2017

E’ stato riportato alla luce nello Stato di Alberta, in Canada, un fossile di dinosauro di una nuova specie, considerato immediatamente dai paleontologi  tra i più belli finora individuati, il meglio conservato del suo genere mai rinvenuto prima d’ora, tanto che è stato ribattezzato ‘Monna Lisa del Canada’.

La bellezza del reperto è dovuta soprattutto all’eccezionalità della conservazione, dato che è stato estratto ancora completamente ricoperto dalla pelle.

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Ricostruzione di un esemplare di Borealopelta markmitchelli (Fonte: Royal Tyrrell Museum of Paleontology, Drumheller, Canada)

Si tratta di una specie corazzata, la Borealopelta markmitchelli, una specie appartenente alla famiglia dei Nodosauri, dinosauri anchilosauri erbivori corazzati, vissuti principalmente nel Cretaceo, 110 milioni di anni fa.

La definizione di ‘Monna Lisa dei dinosauri’ si deve a Caleb Brown, uno dei paleontologi autori dello studio, eseguito presso il Royal Tyrrell Museum, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology.

L’individuo era un esemplare imponente, il cui corpo, da vivo, si estendeva per 5,5 metri di lunghezza e raggiungeva un peso complessivo di 1,5 tonnellate; armato fino ai denti di una corazza che poteva benissimo considerarsi l’equivalente di un moderno carro armato.

Nonostante le gigantesche dimensioni, l’animale doveva essere alquanto innocuo e costituiva certamente il cibo preferito dai grandi rettili predatori del suo tempo, ai quali probabilmente poteva sottrarsi soltanto grazie alla solidità della corazza  e al camuffamento della colorazione.

E’ stata l’analisi della pelle a suggerire questa ultima conclusione: una pelle straordinariamente ben conservata, al punto che è stato possibile analizzare la pigmentazione, rivelatasi bruno-rossastra sul dorso e più chiara nella parte inferiore del corpo.

Questa doppia colorazione ha fatto discutere gli esperti sulla sua reale funzione.

Jakob Vinther, paleontologo dell’Università di Bristol, coautore dello studio, sostiene di aver trovato tracce chimiche di feomelanina, una sostanza che avrebbe favorito il camuffamento del corpo che, con il suo aspetto, in controluce, avrebbe aiutato l’animale a mimetizzarsi per sfuggire ai dinosauri carnivori suoi contemporanei.

Non è di questo parere Alison Moyer, ricercatrice della Drexel University di Philadelphia, esperta di tessuti molli fossilizzati.

Secondo la Moyer, lo studio non chiarisce se le tracce colorate di sostanze chimiche possano essere state rilasciate  post mortem dalla decomposizione del pigmento oppure costituiscano i resti di un rivestimento batterico o, ancora, siano legate alla composizione dei sedimenti in cui è stato rinvenuto il fossile.

Per la cronaca, la controversia tra gli studiosi non è ancora stata chiarita e si attendono ulteriori accertamenti.

Come spesso è accaduto anche in passato, la scoperta è stata fatta per caso nel 2011, nella miniera Suncor Millennium, Stato dell’Alberta, da un operaio che aveva notato qualcosa di insolito in alcune formazioni rocciose cui stava lavorando con il suo escavatore.

Non è stato facile estrarre il corpo dell’animale dalla roccia, se si pensa che per rimuoverlo senza danneggiarlo sono stati necessari cinque anni e mezzo di duro lavoro, portato avanti pazientemente per salvaguardare l’integrità del fossile.

Il nome specifico è stato dato dagli studiosi in onore di Mark Mitchell, un tecnico dell’équipe che si è particolarmente prodigato nella delicatissima operazione di asportazione dei detriti rocciosi che inglobavano il corpo.

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