Un nuovo studio, condotto da un team internazionale di ricercatori, sotto la guida del dr Asier Gomez-Olivencia, paleoantropologo dell’Università del Paese Basco (UPV/EHU), assieme a Rolf Quam, antropologo della Binghamton University di New York, che si sono avvalsi delle più sofisticate tecnologie oggi in uso, ha fornito nuovi elementi di conoscenza su uno dei più famosi scheletri Neanderthal, scoperto oltre cento anni fa: La Ferrassie 1.
La Ferrassie è un sito archeologico nella valle della Vézère, in Dordogna, Francia, e consiste di una grande e profonda grotta, scavata nel calcare e protetta da due ripari rocciosi, il cui pavimento poggia su una formazione di ghiaione, una breccia locale tipica dei basamenti addossati a pareti di roccia
In un sotttile strato di 60 cm di spessore, ma in livelli diversi, databili tra i 74 e i 68mila anni fa, sono stati rinvenuti sette scheletri di uomini di Neanderthal, tra cui un neonato e un feto, che sono stati numerati progressivamente mano a mano che venivano estratti.
La Ferrassie 1 è quindi il primo scheletro riportato alla luce ed è il cranio di Neanderthal più completo che sia mai stato trovato.
Si tratta di un maschio adulto che fu rinvenuto nel 1909, insieme ai resti di una donna adulta e di numerosi bambini.
Tutti gli individui furono interpretati come rappresentativi di sepolture intenzionali e le scoperte, all’epoca, destarono molto interesse pubblico relativamente ad un’umanità dei Neanderthal, prima sconosciuta, che sembrava aver trovato qui la sua prima espressione.
Lo scheletro di La Ferrassie 1, in particolare, fino dalla sua scoperta influenzò notevolmente gli studi successivi sui Neanderthal.
“I nuovi approcci tecnologici ovviamente stanno consentendo agli antropologi di studiare ancora più a fondo le ossa dei nostri antenati”, afferma Quam. “Nel caso di La Ferrassie 1, questi approcci hanno permesso di identificare anche nuovi resti fossili e condizioni patologiche dello scheletro originale non riconosciute prima, nonché di confermare che questo individuo fu sepolto intenzionalmente”.
La Ferrassie 1 era un uomo anziano, di età presumimile maggiore dei 50 anni, che durante la vita dovette sicuramente aver sofferto di varie fratture ossee, nonchè di problemi respiratori in corso quando morì.
E’ probabile che, subito dopo la sua morte, venisse sepolto dagli altri membri del proprio gruppo nella grotta di La Ferrassie, luogo che venne ripetutamente occupato da altri Neanderthal durante i millenni.
Lo scheletro è uno dei più importanti resti di quella popolazione, sia per la sua completezza, sia per l’importante ruolo cha ha rivestito storicamente nell’interpretazione dell’anatomia dei Neanderthal e dei loro modi di vivere.
Ora, i ricercatori hanno applicato alcuni degli ultimi approcci tecnologici per svelare segreti tenuti a lungo nello scheletro di questo personaggio iconico.
Le ossa sono state sottoposte ad una scansione microCT ad alta risoluzione per indagare l’anatomia interna del cranio e di alcune ossa particolari.
Nelle scansioni sono state individuate le ossa dell’orecchio medio (martello, incudine e staffa), trattenute all”interno del cranio dai sediemnto del pavimento della grotta. Si tratta delle ossa più piccole del corpo umano e non si trovano tanto spesso conservate nei resti fossili. E’ stato tuttavia possibile estrarre modelli virtuali di queste ossa in 3D.
Gli ossicini dell’orecchio sono completi e aiutano a fornire una migliore comprensione della gamma di variazione di questa regione anatomica nei Neanderthal.
Nello scheletro sono state identificate diverse condizioni patologiche, compresa una frattura della clavicola, artrite della colonna vertebrale e una lieve scoliosi.
I ricercatori hanno anche esaminato i materiali archeologici degli scavi originari e identificato diversi nuovi frammenti di vertebre e costole di La Ferrassie 1.
Lo studio dello scheletro originale e l’analisi del modello di frattura del cranio e delle ossa lunghe, basandosi su moderni criteri forensi, hanno confermato che quasi tutte le fratture erano da ritenersi avvenute pot-mortem, quando le ossa avevano ormai perso il collagene e si erano fratturate in situ sotto il peso dei sedimenti sovrastanti.
Tuttavia, il legame anatomico tra le ossa non ha subìto alcuna influenza, confermando le osservazioni originali fatte oltre un secolo fa dai loro scopritori, secondo cui La Ferrassie 1 sarebbe stato sepolto deliberatamente da altri membri dello stesso gruppo sociale.
“Quesa intuizioone ha avuto un ruolo di primo piano nei dibattiti che si sono succeduti nel tempo e alcuni tuttora in corso, che riguardano le pratiche culturali dei Neanderthal”, afferma Quam. “L’applicazione di nuovi approcci tecnologici allo studio di La Ferrassie 1 dimostra che oltre un secolo dopo la sua scoperta, questo individuo iconico sta ancora avendo un ruolo di primo piano nel fornire informazioni essenziali sull’anatomia e sul comportamento dell’antica popolazione”.
Leonardo Debbia