Il moderno Homo sapiens comparve per la prima volta in Africa più di 300mila anni fa, ma gli
studiosi della materia non concordano sulla possibilità che i primi esseri appartenenti a questa specie, sotto il profilo delle capacità mentali, fossero ‘proprio come noi’.
La domanda, in proposito, è infatti: qualora fossero cresciuti in una moderna famiglia di una qualsiasi città attuale, sarebbero stati davvero ‘come noi’, indistinguibili dal resto della gente?
Nonostante questo interrogativo rimanga, al momento, in sospeso, la maggior parte degli archeologi ritiene che 100mila anni fa, sulle coste del Sud Africa, siano vissuti realmente individui come noi, raccolti in piccole comunità, al rifugio dai rigori dell’Era glaciale.
In un arco di tempo tra i 100mila e i 70mila anni fa, questi esseri hanno lasciato abbondanti prove che attestano pensieri e comportamenti molto simili a quelli degli umani moderni, come, ad esempio, la pratica del simbolismo, l’uso di pigmenti per la pittura del corpo, disegni e incisioni, perle e conchiglie ornamentali e piccoli strumenti di pietra (i cosiddetti microliti) che avrebbero benissimo potuto essere parte di archi e di frecce.
Alcune di queste prove, che secondo qualche studioso testimonierebbero un ‘comportamento umano moderno‘, risalirebbero addirittura a oltre 150mila anni fa.
Ma se queste prove rendono questi esseri già ‘progrediti’, suggerendo l’esistenza di una linea diretta con l’umanità di oggi, la genetica dei loro discendenti attuali, i Khoi-San dell’Africa meridionale, non sembra confermarlo.
I nostri genomi mostrano infatti che quasi tutti i non africani moderni di ogni parte del mondo
(ed anche la maggior parte degli africani) sono derivati da un piccolo gruppo di individui, viventi tra i 60 e i 70 mila anni fa, non in Sudafrica (come ci si aspetterebbe da quanto detto sopra), bensì in Africa orientale.
In altri termini, non si è trovato alcun segno genetico che in quel periodo gli Africani del Sud abbiano contribuito all’enorme espansione di Homo sapiens dall’Africa in tutto il mondo.
Questo, fino ad oggi.
Ora, un team di genetisti, guidato da Martin Richards, professore dell’Università di Huddersfield, in Gran Bretagna e da Pedro Soares, docente dell’Università di Braga, in Portogallo, insieme al professor Sir Paul Mellars, eminente archeologo di Cambridge, ha analizzato il DNA mitocondriale di origine materna degli Africani in maniera molto dettagliata e ha identificato un ‘segno’ che prova la migrazione di esigui gruppi umani dal Sudafrica all’Africa orientale in un periodo risalente a circa 65mila anni fa.
Questa impronta genetica nel DNA mitocondriale è stata rilevata solo oggi, mentre nel resto del genoma sembra essere sparita, forse per la ricombinazione – il rimescolamento dei geni cromosomici tra i genitori di ogni generazione, che non influenza il DNA mitocondriale – avvenuta nel passare dei millenni.
La traccia della migrazione sarebbe anche in accordo con gli eventi climatici.
Nella maggior parte degli ultimi cento anni diverse regioni dell’Africa hanno subìto un’aridità climatica notevole.
Per un breve periodo, tra i 60mila e i 70mila anni fa, il clima del continente, nel suo complesso, ha sperimentato una umidità sufficiente alla formazione di un corridoio tra il Sud e l’Est.
Curiosamente – ma non a caso – circa 65mila anni fa alcuni segnali del simbolismo e della complessità tecnologica visti in Sud Africa cominciarono ad emergere in Africa orientale.
L’identificazione di questi segnali fa ritenere probabile che la migrazione di un piccolo gruppo di individui dal Sud dell’Africa verso l’Est, intorno ai 65mila anni fa, abbia potuto trasmettere aspetti di una sofisticata cultura umana più moderna dal Sud alle popolazioni dell’Africa orientale.
Questi popoli erano biologicamente poco diversi dai sudafricani – si trattava comunque di Homo sapiens – i loro cervelli erano altrettanto avanzati e senza dubbio erano cognitivamente pronti a ricevere i benefici delle nuove idee e del progresso.
Il modo in cui tutto questo è avvenuto sarebbe stato molto diverso da una cultura di Sapiens rimasta isolata all’età della pietra che oggi incontrasse e abbracciasse la civiltà occidentale.
In ogni caso, sembra che qualcosa sia accaduto, quando i gruppi umani del Sud incontrarono i gruppi dell’Est, perchè da quel momento ebbe origine la più grande diaspora di Sapiens mai conosciuta, prima attraverso l’Africa e poi fuori dall’Africa, per andare a formare, nello spazio di poche migliaia di anni, gruppi consistenti in Eurasia e spingersi fino all’Australia.
Il prof. Mellars commenta: “Questo studio dimostra come Genetica e Archeologia, quando lavorano insieme, possano portare a significativi progressi nella comprensione delle nostre origini”.