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C’è vita microbica sotto la superficie di Marte?

Scritto da Leonardo Debbia il 10.06.2021

Una nuova ricerca sostiene che le rocce della crosta marziana potrebbero produrre lo stesso tipo di energia chimica che garantisce la vita microbica nelle profondità della crosta terrestre, molto al di sotto della superficie.

Così, mentre il rover Perseverance della NASA inizia la sua ricerca di impronte antiche di vita su Marte, il nuovo studio sostiene che il sottosuolo marziano potrebbe essere stato un ambiente idoneo ad ospitare e quindi dove ricercare possibili forme di vita, magari tuttora esistenti.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Astrobiology, ha preso l’avvio dalle analisi della composizione chimica dei meteoriti marziani, rocce provenienti dalla superficie di Marte che, una volta espulse violentemente, sono giunte fin sulla Terra.

L’analisi ha stabilito che queste rocce marziane, qualora fossero venute in contatto con acqua, avrebbero potuto produrre l’energia chimica necessaria per supportare l’esistenza di comunità microbiche simili a quelle che vivono nelle profondità della Terra.

Poichè questi meteoriti sono rappresentativi di vaste aree della crosta marziana, i risultati fanno, a giusto titolo, ipotizzare che gran parte del sottosuolo di Marte, per determinate forme di vita, possaa essere ancora abitabile.

Si può ritenere che ovunque ci siano acque sotterranee su Marte, ci possano essere buone fonti di energia chimica per favorire la vita microbica”, sostiene Jesse Tarnas, ricercatore del Jet Propulsion Laboratory della NASA.

Negli ultimi decenni gli scienziati hanno scoperto che le profondità della Terra ospitano un vasto bioma che vive in gran parte separato dall’ambiente al di sopra della superficie terrestre, senza alcuna interazione tra i due mondi.

E’ stato accertato che, in assenza di luce solare, i microrganismi sopravvivono utilizzando i sottoprodotti delle reazioni chimiche che si sviluppano quando le rocce entrano in contatto con l’acqua.

Una di queste reazioni è la radiolisi, processo che si verifica quando gli elementi radioattivi all’interno delle rocce reagiscono con l’acqua intrappolata nei pori e nelle fratture.

La reazione scinde le molecole d’acqua nei loro elementi costitutivi, idrogeno e ossigeno.

L’idrogeno liberato viene disciolto nelle restanti acque sotterranee, mentre i minerali come la pirite assorbono l’ossigeno libero per formare minerali solfati.

I microbi hanno la capacità di ingerire l’idrogeno disciolto come combustibile e utilizzare l’ossigeno conservato nei solfati per ‘bruciare‘ quel combustibile.

In luoghi come la miniera canadese di Kidd Creek questi organismi microbici che ‘riducono ‘ i solfati sono stati trovati viventi ad un miglio sotto la superficie terrestre, in acque che non vedevano la luce del giorno da più di un miliardo di anni.

Tarnas ha lavorato con un team co-guidato assieme a Jack Mustard, docente della Brown University e con la professoressa Barbara Sherwood Lollar, dell’Università di Toronto, allo scopo di conoscere meglio questi sistemi sotterranei, guardando con un occhio alla ricerca di habitat simili su Marte e anche altrove, nel Sistema solare.

Per questo nuovo studio relativo a Marte, i ricercatori hanno attinto alla messe di dati del rover Curiosity della NASA e di altri veicoli orbitanti, nonché ai risultati della composizione di una serie di meteoriti marziane, rappresentative di diverse parti della crosta del ‘Pianeta rosso’.

Gli studiosi stavano cercando gli ingredienti adatti per la radiolisi: elementi radioattivi come torio, uranio, potassio, solfuri che avrebbero potuto esser convertiti in solfati e unità di roccia sufficienti per intrappolare l’acqua.

Lo studio ha rilevato che nei diversi tipi di meteoriti marziani tutti gli ingredienti sono presenti in abbondanza adeguata per supportare habitat simili sulla Terra.

E questo sarebbe particolarmente vero per le brecce di regolite, meteoriti crustali di oltre 3,6 miliardi di anni.

A diffenza della Terra, su Marte non esiste un sistema tettonico a placche che possa riciclare costantemente le rocce della crosta per cui le rocce potrebbero essere rimaste indisturbate per tempi lunghissimi.

Queste osservazioni portano gli studiosi a concludere che sarebbe auspicabile un programma di esplorazione del sottosuolo marziano che vi cercasse segni di vita attuale.

Finora le ricerche effettuate su Marte mostrano che in passato acque sotterranee siano esistite e non c’è motivo di dubitare che ne esistano tuttora.

La nuova ricerca suggerisce che ovunque ci siano acque sotterranee c’è energia per la vita.

Tarnas e Mustard sostengono inoltre che sebbene non si possano negare, le difficoltà tecniche

non sarebbero tanto insormontabili come a prima vista si potrebbe credere.

Di Marte abbiamo studiato l’atmosfera e abbiamo mappato diverse aree in superficie. Ora l’ultima frontiera è il suo sottosuolo”, afferma Mustard. “ Se vogliamo pensare ad una possibilità di vita esistente oggi, sarà il sottosuolo a fornirci qualche risposta”.

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