Cerere è l’asteroide più massiccio della fascia principale del sistema solare, situato com’è tra Marte e Giove. Scoperto il 1° gennaio 1801 dall’astronomo palermitano Giuseppe Piazzi, che inizialmente lo ritenne una cometa, per mezzo secolo è stato considerato l’ottavo pianeta del sistema solare.
A causa delle dimensioni contenute (900-1000 chilometri di diametro) fu poi classificato asteroide e infine, dal 2006, è stato considerato, tra i pianeti interni, cioè quelli orbitanti tra il Sole e la fascia asteroidale, come un pianeta nano, alla stregua del lontanissimo Plutone.
La crosta di Cerere è un miscuglio di ghiaccio e roccia salina, che avvolge un nucleo e un mantello di materiali ghiacciati, formatisi per differenziazione.
Ma il suo interno è liquido? E quanto tempo è rimasto un asteoride geologicamente attivo?
Le risposte a questi interrogativi ci sono state fornite dalla missione Dawn della NASA, iniziata nel 2015 e conclusasi nel novembre 2018.
La sonda, grazie all’avanzata tecnologia del suo Visible and infrared mapping spectrometer (VIR-MS), ha inviato a Terra dettagli molto nitidi delle misteriose regioni luminose visibili sul cratere Occator per cui Cerere era divenuto famoso, ha analizzato i minerali costituenti queste aree brillanti e offerto una straordinaria vista ravvicinata da circa 35 chilometri al di sopra della sua superficie.
Le aree luminose erano già state osservate al telescopio prima ancora che la sonda Dawn arrivasse su Cerere, ma la loro natura era rimasta sconosciuta. Trattandosi di regioni giovani e con il fatto che Cerere era oggetto di bombardamenti continui di meteoriti, gli astronomi si aspettavano che la superficie, col trascorrere del tempo, dovesse scurirsi.
Cosa che però, di fatto, non era mai stata registrata.
Gli scienziati erano tuttavia al corrente che queste aree luminose erano depositi costituiti principalmente da carbonato di sodio, che giungeva in superficie percolando tra le rocce, per poi evaporare lasciando una crosta di sale altamente riflettente.
Quello che però gli studiosi ignoravano era la natura e la provenienza di quel liquido.
Sulla sommità di Cerealia Facula, una recente e brillante struttura geologica al centro del cratere Occator, la sonda ha rinvenuto una miscela di diversi minerali, che si formano solo in presenza di acqua liquida, in particolare di cloruro di sodio idrato, un sale che rende l’acqua liquida anche sotto gli zero gradi centigradi, in condizioni in cui di norma l’acqua sarebbe ghiacciata.
“Individuando tra i sali, grazie al VIR, anche la presenza di carbonato di sodio e cloruro di ammonio e analizzando la distribuzione di questi sali e come si localizzavano nelle strutture geologiche della zona, è stato possibile capire che i sali non si erano formati tutti insieme durante un unico evento, ma che erano piuttosto il risultato di un processo lungo e complesso, probabilmente ancora in corso”, sostiene Eleonora Ammannito, ricercatrice dell’Agenzia Spaziale Italiana, co-autrice dello studio, che ha lavorato ad una pubblicazione sull’argomento. “Alla luce di questi risultati, Cerere si conferma come un piccolo pianeta, forse ancora in evoluzione”.
Infatti, si è avuta anche la conferma che i depositi di sale sono recenti: solo 2 milioni di anni!
Chiarita la natura dei sali, restava da chiarire da dove questi provenissero e come potessero giungere in superficie.
Dai dati raccolti dalla sonda si è concluso che la fonte del liquido era un enorme serbatoio sotto la crosta, profondo circa 40 chilometri e largo centinaia di chilometri, contenente acqua ricca di sali; una prova tangibile dei resti di un antico oceano sotto la superficie di Cerere.
La missione Dawn è stata condotta sotto l’égida del JPL della NASA, presso il Caltech di Pasadena, ma la sua riuscita è frutto della collaborazione di un team internazionale di partners, quali il Centro Aerospaziale Tedesco, l’Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare, l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Astrofisico Italiano.