Per alcune persone camminare è fondamentale, vitale. Si cammina in montagna, si cammina in città e anche al mare. Si cammina dove si vive e si va in vacanza camminando, mentre lo spirito si nutre e diventa più leggero. Si cammina da soli, per ore ed ore, oppure si sceglie di farlo in gruppo. Sì, si cammina anche per scrivere.
Camminare non è correre. Presuppone quella lentezza che mette in circolo pensieri calmi, profondi, riflessioni al passo con i minuti. Ma presuppone anche una perdita di consapevolezza, un liberarsi dai pensieri stessi. Le falcate si susseguono e si dimenticano le ore, come fare una sessantina di vasche in piscina tenendo sempre lo stesso ritmo, senza mai fermarsi, dimenticandosi che si sta nuotando. La mente respira, mentre un piede segue l’altro. La superficie delle cose, i problemi del momento, il lavoro da fare entro domani, le scadenze della vita, svaniscono. Rimane la tranquillità, onde nuove di pensiero schiumano sulla riva del camminatore felice. Nascono ispirazioni, idee.
Lo scrittore Gianni Celati ha detto in una videointervista a Doppiozero “Mi piace passare le giornate camminando, se non ci fosse il camminare mi sarei già sparato, io ho bisogno di camminare due ore al giorno. Il camminare è un andare a vanvera, non c’è alcuna meta, alcuno scopo, il camminare è tutto. Quando ero giovane e scrivevo libri ho capito che il modo migliore era stancarsi tanto, tanto, tanto, tanto e poi scrivere, ma scrivere solo per mezz’ora. Cominciavo la mattina alle 9 e facevo il giro di tutti i colli bolognesi, tornavo a casa alle 5 che ero stanco morto e mi davo mezz’ora per scrivere. In un mese ho fatto il libro. Questo credo che sia un metodo come un altro per non essere consapevoli e lasciare che le parole vadano avanti per conto loro”. Gianni prende ispiarazione da Robert Walser e il suo Der Spaziergang, La passeggiata (1919), ma anche dall’ Henry David Thoreau di Walking (Camminare, 1851). Di fatto, l’ “andar via con la testa” camminando accomuna questi autori, che all’unisono la considerano una cosa meravigliosa.
Ma non si cammina solo per scrivere. Si cammina anche per stare insieme, per stare in salute, per socializzare. Per questo oggi nascono nelle città sempre più gruppi di cammino, ma anche nei piccoli paesi, patrocinati dal comune e dalle aziende sanitarie locali. Camminare fa bene fisicamente: rende il cuore più grande, i polmoni si espandono, carichi di ossigeno, e i muscoli della cassa toracica si rinforzano; camminando si previene l’osteoporosi, mentre lo stress e il cattivo umore se ne vanno, si affinano le percezioni sensoriali, si tonifica la muscolatura.
Camminare per lo spirito è ciò che fanno invece le persone che decidono di avventurarsi, spesso da sole, per le vie religiose: la via Francigena, la via del Sale, il Cammino di Santiago e così via. Una volta incontrai un pellegrino speciale sul Ponte Coperto di Pavia. Tutto vestito di verde, solo uno zaino sulle spalle e un bastone in mano. Attaccato allo zaino una conchiglia. L’uomo, sulla settantina, avanzava ad ampie falcate, osservato da passanti incuriositi. “Sono partito da Canterbury e ho deciso di percorrere la via Francigena, facendola quasi tutta a piedi, per festeggiare nel migliore dei modi i 50 anni del mio prelato. Arrivo da Melbourne, Australia”, mi disse il sacerdote. Ne hanno fatto anche un film, “The way – Il cammino per Santiago”, salutato dalla critica con poco calore, ma che fa capire quanta varietà ci sia nell’animo umano. E non ricordo in quale sperduto villaggio del Tamil Nadu mi trovavo quando vidi un gruppo di camminatori indiani, pellegrini speciali perchè camminavano per chilometri, da un tempio all’altro, portando pietre sulla testa. E immaginavo la loro estasi interiore.
Ed ecco che c’è chi ama anche camminare per vacanza. Tra lupi solitari e congreghe di amici che decidono di avventurarsi solamente con i propri piedi, con il proprio corpo come unico mezzo e insieme tempio di raccoglimento del viaggiatore. Un viaggio con le proprie sole forze, non importa dove si arriva. Importa il sentirlo dentro, lasciandovisi attraversare. Partendo, zaino in spalla, da piazza Duomo a Milano, camminando verso le colline dell’Oltrepò, scendendo sempre più, evitando autostrade e traffico. Ero a Pometo, nel cuore della Val Trebbia, la volta che incontrai i quattro medici camminatori che lo stavano facendo. Così nascono agenzie e tour organizzati, riviste apposite per chi decide di vedere il mondo in questa maniera.
Camminando tutto si mette in circolo. Lo scambio di energie tra l’uomo e l’universo è in moto costante. Il paesaggio diventa parte di sè, si assaporano i particolari, altrimenti sfuggenti, ci si sofferma ad ascoltare: il fruscio delle foglie, il respiro a volte calmo, altre affannoso, i racconti nel bar del paese, il suono dell’acqua, il cigolio di ponti, il rumore delle ruote sull’asfalto. Si percepisce l’odore della pioggia, si riconosce l’odore di morte e della terra che l’accoglie, il profumo del muschio. Il sapore del sudore arriva alle labbra, a volte screpolate dal sole. Il cuore sorride, mentre la pelle sente e trasmette vita.