Le foreste boreali dell’Alberta del nord dimostrano una resilienza sorprendente all’intrusione umana, ma i ricercatori dell’Università di Alberta sostengono che l’azione dell’uomo ha un preciso punto di rottura rispetto al paesaggio. La ricerca, guidata da Stephen Mayor, ha dimostrato che fino ad un certo punto la foresta ha reagito alle intrusioni umane con un aumento della biodiversità.
Se parliamo in termini di biodiversità questa ricerca evidenzia due aspetti: non è detto che l’antropizzazione sia sempre negativa per la biodiversità, ma è necessario che il rapporto sia monitorato e che i suoi effetti siano prevedibili. Inoltre, l’aumento della biodiversità dovuto all’antropizzazione, può implicare la comparsa di specie alloctone e la creazione di nuovi e diversi ecosistemi.
I ricercatori hanno svolto lo studio in questo modo: attraverso l’uso di foto satellitari hanno messo a confronto il numero di specie che erano presenti nelle aree con case e strade e nelle aree in cui invece il paesaggio era intatto. In teoria ci si sarebbe dovuto aspettare che laddove il disturbo antropico era maggiore ci sarebbe dovuta essere una minore biodiversità. Invece il rapporto era esattamente al contrario: laddove la percentuale di disturbo aumentava, la biodiversità cresceva.
Ma Mayor ha individuato un punto di saturazione: infatti quando l’antropizzazione riguardava più del 50% i ricercatori hanno scoperto che la biodiversità diminuiva.
“Abbiamo scoperto che quando più della metà di una zona è stata visibilmente modificata dall’uso umano, il numero di specie vegetali autoctone boreali ha cominciato a diminuire”, ha detto Mayor.
Ma i dati più sorprendenti restano quelli in cui in aree disturbate per il 50% del territorio la biodiversità è addiruttura maggiore che nelle zone incontaminate del Parco Nazionale di Buffalo nell’Alberta del Nord.
“I nostri risultati dimostrano che la varietà di piante nella foresta boreale può tollerare aziende agricole, forestali, anche l’estrazione di petrolio e gas, ma solo con moderazione”, ha spiegato Mayor. “Ci sono dei limiti reali e prevedibili.”
La ricerca ha evidenziato un altro dato importante: le azioni umane hanno favorito alcune specie rispetto ad altre. Le specie autoctone che avevano vissuto nella foresta per migliaia di anni sono state sostituite da erbacce invasive provenienti dall’Europa e da altri ecosistemi alieni.
L’area presa in considerazione, secondo i ricercatori, è la più estesa mai utilizzata in ricerche del genere