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Analisi chimiche confermano: il buco dell’ozono sull’Antartide si è ridotto

Scritto da Leonardo Debbia il 16.01.2018

Per la prima volta gli scienziati hanno dimostrato, attraverso le osservazioni satellitari, che i livelli di cloro nell’atmosfera sull’Antartide stanno diminuendo, con conseguente riduzione del buco dell’ozono.

Veduta dallo spazio dell'atmosfera terrestre (credit: NASA)

Veduta dallo spazio dell’atmosfera terrestre (credit: NASA)

Una notizia positiva, finalmente!
Le misurazioni registrate tra il 2005 e il 2016, da quando iniziarono ad essere rilevate dal satellite ‘Aura’ della NASA, mostrano infatti che la diminuzione del cloro, derivante dal divieto internazionale sull’uso dei clorofluorocarburi (CFC), ha avuto come risultato il 20 per cento in meno di perdita di ozono durante l’inverno antartico.

I CFC sono composti chimici di lunga vita che, quando raggiungono la stratosfera, vengono scissi dalle radiazioni ultraviolette del Sole, con il rilascio di atomi di cloro che distruggono le molecole di ozono.

E’ ormai risaputo che l’ozono forma uno scudo di protezione per la vita animale e vegetale sul nostro pianeta dalle radiazioni ultraviolette della luce solare, potenzialmente dannose, che possono causare cancro della pelle e cataratta, sopprimere i sistemi immunitari e danneggiare la vita delle piante.

Due anni dopo la scoperta del buco dell’ozono sull’Antartide, nel 1985, si giunse ad un accordo tra le Nazioni con la firma del Protocollo di Montreal, con cui iniziava l’impegno comune per evitare quanto più possibile l’uso di sostanze che avrebbero ridotto lo strato di ozono.
Successive modifiche al Protocollo condussero in seguito ad eliminare completamente la produzione dei CFC.

L’ultimo studio di verifica del buco dell’ozono, pubblicato su Geophysical Research Letters,
che è stato anche il primo ad utilizzare le misurazioni della composizione chimica all’interno del buco, ha dimostrato non solo che la perdita di ozono andava effettivamente diminuendo, ma anche che questa diminuzione era da attribuirsi al calo dei CFC nell’atmosfera terrestre.

In questo caso, possiamo riconoscere che quando c’è cooperazione e buona volontà, i risultati poi si vedono!

Ma addentriamoci un po’ di più nei fatti.
Il buco dell’ozono sull’Antartide si forma durante il mese di settembre, nell’inverno dell’emisfero australe, allorchè i raggi del sole fungono da catalizzatori per i cicli di distruzione dell’ozono, che coinvolgono cloro e bromo, gas derivati dai CFC.

Per determinare l’andamento delle quantità di ozono e di altre sostanze chimiche di anno in anno, gli scienziati hanno utilizzato i dati del Microwave Limb Sounder (MLS), l’apparecchiatura situata a bordo del satellite Aura della NASA, che dal 2004 ha effettuato misurazioni continue e con un vantaggio di non poco conto.

Mentre, infatti, molti strumenti satellitari richiedono la luce solare per misurare le quantità degli elementi in tracce nell’atmosfera, l’MLS si serve delle emissioni di microonde e quindi può misurare le quantità di gas sull’Antartide durante il periodo chiave dell’anno, vale a dire l’inverno australe, allorchè il clima stratosferico è calmo e le temperature sono basse e stabili.

Ora, dal 2005 al 2016, dall’inizio alla fine dell’inverno australe (luglio/metà settembre) l’MLS ha effettuato misurazione giornaliere, la cui raccolta ha consentito di concludere che la diminuzione della perdita di ozono c’era effettivamente stata.
Restava da confermare se responsabili di questa diminuzione fossero stati i CFC.

Durante la distruzione dell’ozono, il cloro si trova in molte forme molecolari, la maggior parte delle quali non viene misurata. Ma quando il cloro ha distrutto quasi tutto l’ozono disponibile, va a reagire con il metano, formando acido cloridrico, un gas che può invece essere misurato eccome dalla MLS.

“Verso la metà di ottobre tutti i composti del cloro sono stati convertiti in un unico gas. Quindi, misurando l’acido cloridrico, abbiamo, alla fine, una valida misurazione del cloro totale”, afferma Susan Strahan, scienziata dell’atmosfera del Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, Maryland.

“Il calo del 20% nella riduzione dell’ozono, confermato dai dati ricevuti, era stato previsto e comunque non è ancora il calo che auspichiamo si verifichi”, dichiara la Strahan. “Se siamo certi che questo calo è in relazione alla diminuzione del cloro derivato dai CFC, non stiamo tuttavia assistendo alla diminuzione delle dimensioni del buco dell’ozono, perchè subentra anche il fattore ‘temperatura’, che varia molto da un anno all’altro”.

In altre parole, gli scienziati, anche se dichiarano un graduale miglioramento del buco dell’ozono man mano che i CFC lasciano l’atmosfera, si aspettano che il ritorno a condizioni simili a quelle degli anni Ottanta richiederà ancora decenni.

“I CFC resistono parecchio tempo nell’atmosfera terrestre; dai 50 ai 100 anni”, dice Anne Douglass, collega di Strahan e co-autrice dello studio. “Per quanto riguarda la chiusura del buco dell’ozono, dovremo attendere il 2060, se non il 2080. E anche allora, un piccolo buco potrebbe ancora esserci”.

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