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Artico, blitz di Greenpeace su una piattaforma russa per fermare esplorazioni

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 25.08.2012
Greenpeace, blitz nell'Artico, 2012. Crediti: Greenpeace

Greenpeace, blitz nell’Artico, 2012. Crediti: Greenpeace

Sei attivisti di Greenpeace hanno scalato una piattaforma petrolifera della Gazprom ieri venerdì 24 agosto per protestare contro il progetto di perforazione che il gigante energetico russo sta portando avanti nell’Artico. Gli attivisti sono stati respinti con getti di acqua gelida, nel tentativo di scacciarli, ha detto il gruppo ambientalista. Gli attivisti di Greenpeace, tra cui Kumi Naidoo, capo delle operazioni globali, hanno scalato la piattaforma del giacimento di petrolio Prirazlomnoye dopo averla raggiunta con motoscafi gonfiabili da una nave di Greenpeace che si era fermata nelle vicinanze.

Gli attivisti hanno portato con loro forniture per poter resistere vari giorni, ma dopo diverse ore in cui hanno piazzato alcune tende su alcuni ponteggi, il personale della piattaforma ha iniziato a spruzzare acqua gelida su di loro. Oltre all’acqua, gli attivisti hanno anche riferito del lancio di catene.

Gazprom ha rifiutato di commentare il fatto. In precedenza, la società aveva detto che gli attivisti avevano violato la zona di sicurezza di 500 metri intorno alla piattaforma nel Mare del Pechora, una parte meridionale del Mare di Barents a largo delle coste russe. “Gli attivisti sono stati invitati a salire a bordo della piattaforma per condurre un dialogo costruttivo”, ma hanno rifiutato, ha detto Gazprom in un comunicato, aggiungendo che i lavori sulla piattaforma proseguono come al solito.

Il campo Prirazlomnoye, il primo campo petrolifero artico della Russia in mare aperto, è stato vittima di ritardi nello sviluppo, di extra-costi e di difficoltà di costruzione della piattaforma, e l’estrazione di greggio è ora attesa entro la fine dell’anno. “L’unico modo per evitare una fuoriuscita catastrofica di petrolio in questo ambiente unico è quello di vietare in modo permanente tutta la perforazione nell’area,” ha detto Naidoo dalla piattaforma.

Le riserve del campo petrolifero di Prirazlomnoye sono stimate ad oltre 500 milioni di barili, e il successo dell’esplorazione petrolifera nell’Artico è considerato di vitale importanza per sostenere a lungo termine lo status della Russia di produttore di petrolio più importante del mondo. Ma gli attivisti ambientalisti dicono che le condizioni estreme dell’Artico – la lontananza, gli ecosistemi fragili, l’oscurità, le temperature sotto zero, il ghiaccio e i forti venti – sono tali da ostacolare le operazioni di emergenza in caso di fuoriuscita di petrolio.

Ha detto Naidoo nel comunicato: “Come ben sapete, anche la Russia sta vivendo già gli effetti del cambiamento climatico. Gli scienziati hanno concluso che le ondate di calore del 2010 e gli incendi boschivi sono stati indotti dai cambiamenti climatici. Inoltre, più del 60% della Russia è coperta da permafrost, che rilascia gas metano quando si scioglie – un gas serra più potente e più pericoloso dell’anidride carbonica. E come il permafrost si scioglie, la terra, gli edifici, ponti e strade si danneggiano, così come le infrastrutture che trasportano olio e gas. Anche il Ministero russo delle Emergenze ha avvertito che entro il 2030, oltre il 25% di tutti gli edifici nel Nord della Russia potrebbe essere danneggiato dagli impatti dello scioglimento del permafrost.”
“Il tempo stringe – ha continuato Naidoo -, per evitare cambiamenti climatici catastrofici – e i giganti del petrolio come la Shell e Gazprom devono essere fermati dall’approfittare di un disastro causato da loro stessi, per fare ulteriori danni al nostro pianeta.”

La corsa al petrolio artico si è infatti intensificata negli ultimi anni grazie allo scioglimento progressivo della calotta di ghiaccio che prima ricopriva perennemente intere distese di mare, che ora sono accessibili alle trivelle.

L’Artico possiede – secondo alcune stime – il 30% delle riserve ancora da scoprire di gas e petrolio. Mentre per l’Antartide esiste un divieto internazionale allo sfruttamento minerario, l’Artico non possiede nessuna protezione a livello di accordi internazionali.

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