Secondo una ricerca pubblicata su Nature Climate Change e condotta dai ricercatori dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA), entro il 2050 i danni da eventi climatici estremi potrebbero raddoppiare. Per questo gli scienziati propongono di rivalutare il FSUE, Fondo di solidarietà dell’Unione europea, in modo che possa aiutare le nazioni più povere e maggiormente in difficoltà a fronteggiare le catastrofi climatiche.
Gli episodi climatici che creeranno danni ingenti alle popolazioni europee raddoppieranno entro il 2050. Le cause non sono da attribuire completamente ai cambiamenti climatici: per due terzi i disastri saranno causati dallo sviluppo incontrollato, edifici e infrastrutture costruite in luoghi dove gli eventi naturali possono diventare pericolosi.
Recentemente si è parlato delle coste, seriamente a rischio in tutto il mondo. E l’Italia non fa eccezione. Lungo il mare grandi insediamenti abitativi sono sorti dove alluvioni e mareggiate minacciano grandi disastri. L’opinione degli scienziati riguardo a questo è che non solo lo sviluppo in zone pericolose deve essere fermato, ma anche che quelle zone siano restituite alla natura: l’uomo deve invertire la rotta.
Anche i cambiamenti climatici hanno però il loro ruolo: per un terzo i disastri saranno causati proprio dai cambiamenti climatici, che causeranno eventi avversi non allineati alla media.
“In questo studio abbiamo riunito le competenze da diversi campi: idrologia, economia, matematica e adattamento al cambiamento climatico, cosa che ci permette per la prima volta di valutare complessivamente il rischio di alluvione continentale e confrontare le diverse opzioni di adattamento”, ha detto Brenden Jongman dell’Institute for Environmental Studies di Amsterdam , che ha coordinato lo studio.
Secondo lo studio si potrebbe passare da un costo stimato di 4,9 miliardi di euro in media dal 2000 al 2013 ai 23,5 miliardi entro il 2050. Anche la frequenza dei grandi eventi climatici avversi potrebbe aumentare.
Ma non è solo questo l’aspetto importante di questo studio: per la prima volta i ricercatori hanno indicato come le politica di mitigazione e di recupero dopo i disastri non possano essere pensati per singoli paesi.
Stefan Hochrainer – Stigler, ricercatore presso lo IIASA ha spiegato: “Il nuovo studio per la prima volta spiega la correlazione tra inondazioni in diversi paesi. I modelli di valutazione del rischio attuali presuppongono che ogni bacino idrografico sia indipendente. Ma in realtà , i fiumi scorrono in tutta Europa e sono strettamente correlati fra di loro; salgono e scendono in risposta a modelli atmosferici su vasta scala che portano piogge e siccità alle grandi regioni”.
“Se i fiumi esondano in Europa centrale, potrebbero inondare anche le regioni dell’Europa orientale”, dice Hochrainer – Stigler.
Secondo lo scienziato dobbiamo essere preparati a fronteggiare situazioni del genere in cui più paesi sono coinvlti e uno degli strumenti potrebbe essere il pan-European Solidarity Fund (EUSF) ( Fondo di solidarietà dell’Unione europea). Il fondo dovrebbe però essere gestito in modo che gli aiuti arrivino simultaneamente ai diversi paesi che sono in difficoltà. E’ chiaro che questo implica una rete di solidarietà fra i paesi. Alcuni paesi europei, come l’Austria, sono in grado di finanziare i fondi relativi ai propri danni, pure avendo pochi episodi climatici avversi. In paesi più poveri invece,soprattutto nell’est dell’Europa, le alluvioni e i disastri sono molto più frequenti, ma non ci sono mezzi per affrontarli.
Reinhard Mechler, un altro coautore dello studio, sottolinea le grandi implicazioni derivanti dall’analisi spiegando che non può esistere una soluzione funzionale per tutte le situazioni: sono diversi i modi in cui si può agire: interventi d’emergenza, solidarietà fra i paesi, ma anche investimenti strategici per mitigare i possibili eventi catastrofici.
In gennaio gli scienziati sono stati ascoltati in Commisione europea per portare la loro visione sul futuro del Fondo di solidarietà dell’Unione europea