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Clima dell’Africa orientale sotto l’influenza di El Niño dall’ultima era glaciale

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 05.08.2011
Il lago Challa con il Kilimangiaro sullo sfondo.  Crediti foto: Stephan Opitz

Il lago Challa con il Kilimangiaro sullo sfondo. Crediti foto: Stephan Opitz

Le inondazioni e la siccità in Africa orientale sono spesso scatenate da eventi lontani nel Pacifico tropicale, dalle correnti di acqua calda (El Niño) o fredda (La Niña) e dalle  fasi delle oscillazioni di El Niño nel sud del globo (ENSO). Una siccità catastrofica sta ora devastando vaste regioni del Kenya, dell’Etiopia, del Gibuti e della Somalia, pregiudicando la sicurezza alimentare e mettendo milioni di persone a rischio di fame e sete. Gli scienziati hanno attribuito la siccità gravissima a La Niña, che ha prevalso dal giugno del 2010 a maggio del 2011 nel Pacifico.

L’aumento e la diminuzione delle precipitazioni nella parte orientale si muovono all’unisono con il fenomeno ENSO e non c’è nulla di insolito – questo fenomeno infatti esisteva già 20.000 anni fa, secondo uno studio pubblicato nel numero del 5 agosto di Science da un gruppo di scienziati provenienti da Germania, Svizzera, Stati Uniti, Olanda e Belgio.

Gli indizi di questa scoperta provengono dal Lago Challa, un lago vulcanico ai piedi del monte Kilimangiaro. Il fango sul fondo del lago mostra strati di sedimentazione annuale, che consistono in coppie di striature chiare e scure e sono comprese tra 0,08 e 7 mm di spessore. Confrontando la variazione di spessore di questi strati di sedimenti con le registrazioni strumentali delle temperature tropicali del Pacifico negli ultimi 150 anni mostra che riflettono esattamente il comportamento di ENSO.

“Durante La Niña, le precipitazioni sono scarse e i venti sul lago Challa sono forti. I venti migliorano la risalita dei nutrienti, intensificando le fioriture stagionali di alghe. Dopo la morte di queste ultime, esse affondando, formando spessi strati di colore chiaro nei sedimenti. Durante gli eventi di El Niño , invece, le precipitazioni sono frequenti ed i venti sono deboli, con conseguenti più sottili strati bianchi nel sedimento”, spiega l’autore Christian Wolff presso l’Università di Potsdam in Germania.

Lo spessore e il colore degli strati hanno permesso alla squadra di ricostruire la storia della pioggia nell’Africa orientale tornando indietro nel tempo fino all’ultima glaciazione. Gli strati sono la testimonianza che il clima nell’Africa Orientale è cambiato drasticamente negli ultimi 21 mila anni. Durante il periodo più freddo tra 18.000 a 21.000 anni fa, il clima era secco e relativamente stabile.

“Anche se le precipitazioni non variano molto durante questo periodo, gli strati di sedimenti riflettono ancora il ritmo di El Niño e de La Niña” dice il co-autore Axel Timmermann, docente presso la Pacific International Research Center e la Scuola di Oceanografia e Scienze della Terra dell’Università delle Hawaii a Manoa. “Rispetto a questo periodo più freddo, gli ultimi 3.000 anni sono stati più umidi, ma con siccità più gravi”.

“Le temperature sulla superficie dell’oceano hanno un ruolo importante nel guidare il cambiamento idro-climatico in questa regione, e questo la rende molto vulnerabile”, dice Gerald Haug, docente presso l’ETH di Zurigo, Svizzera.

Queste osservazioni contribuiscono al crescente consenso che l’attuale tendenza del riscaldamento globale influenzerà molto le future precipitazioni. La scoperta è inoltre in linea con i modelli computerizzati di simulazione del clima del 21° secolo nella parte orientale dell’Africa equatoriale, in risposta a concentrazioni crescenti di gas a effetto serra. Mano a mano che il clima si scalda, l’atmosfera contiene più umidità e, quindi, nell’Africa orientale il breve periodo delle piogge nel mese di ottobre a novembre probabilmente sarà più umido. Il clima, tuttavia, mostra anche una maggiore variabilità con occasionali periodi di siccità grave come quella attuale.

“Questi cambiamenti influenzeranno la biodiversità dell’Africa orientale coi suoi parchi nazionali, come il Serengeti, che presentano una biodiversità unica al mondo?” si chiede Timmermann. “Non lo sappiamo ancora, ma ci sono sicuramente interessanti collegamenti che vanno esplorati.”

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