Indicatori di umidità su base molecolare, resti di moscerini e simulazioni climatiche hanno consentito agli scienziati del clima di comprendere e ridefinire uno degli enigmi durati più a lungo sugli eventi che determinarono il periodo finale dell’ultima Era glaciale.
Per anni i ricercatori hanno discusso per conciliare i modelli climatici della Terra di 13mila anni fa con la teoria prevalente secondo cui un apporto catastrofico di acqua dolce proveniente dalla fusione delle calotte di ghiaccio del Nord America avrebbe coperto il pianeta con un’ondata di freddo improvviso e definitivo, appena poco tempo prima di entrare nell’attuale interglaciale caldo.
Sito in Svezia dove gli scienziati hanno trovato moscerini fossili nei sedimenti di un lago preistorico (Crediti: Barbara Wohlfarth, Università di Stoccolma)
Ora, un team internazionale di scienziati, formato da ricercatori svedesi dell’Università di Stoccolma in collaborazione con i ricercatori britannici del Natural History Museum di Londra (NHM) e della Plymouth University, ha trovato nei sedimenti di un antico lago svedese la prova che lo scioglimento della calotta di ghiaccio scandinavo è l’anello mancante di ciò che accadde alla fine dell’ultima Era glaciale.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, ha esaminato le tracce dell’umidità e della temperatura della regione, confrontando poi i dati sperimentali con simulazioni dei modelli climatici.
“Le molecole sensibili all’umidità estratte dai sedimenti del lago mostrano che le condizioni climatiche del Nord Europa erano divenute molto più asciutte, intorno ai 13mila anni fa”, afferma Francesco Muschitiello, ricercatore dell’Università di Stoccolma e autore principale dello studio.
Steve Brooks, ricercatore del NHM, aggiunge: “I resti di moscerini, contenuti nei sedimenti lacustri, rivelano molto sul clima passato. L’insieme delle specie, quando viene confrontato con le documentazioni attuali, ci consente di ricostruire come, dopo un iniziale riscaldamento giunto fino a 4 gradi centigradi, alla fine dell’ultima Era glaciale le temperature estive crollarono di 5 gradi nel corso dei successivi 400 anni”.
“L’inizio di un clima molto più secco, con temperature estive più fresche fu probabilmente la diretta conseguenza di masse d’aria più asciutte provenienti dal ghiaccio marino estivo, divenuto più persistente nei mari del Nord”, spiega Nicola Whitehouse, docente di Geografia fisica all’Università di Plymouth.
Secondo Francesco Muschitiello, le condizioni climatiche più fredde e asciutte, verso la fine dell’ultima era glaciale, sono imputabili sicuramente alla crescente fusione della calotta di ghiaccio scandinavo, in risposta al riscaldamento, processo che portò ad una espansione del ghiaccio marino estivo e a modifiche nella distribuzione del ghiaccio marino nella regione orientale del Nord Atlantico.
“La fusione della calotta di ghiaccio scandinavo”, aggiunge Muschitiello “è l’anello mancante per comprendere le attuali incoerenze tra i modelli climatici e le ricostruzioni, nonchè per la comprensione della risposta del sistema Nord Atlantico al cambiamento climatico”.
“Quando nei nostri modelli climatici si aggiunge acqua dolce della calotta di ghiaccio scandinavo, i cambiamenti climatici conseguenti sono coerenti con le nostre ricostruzioni climatiche”, afferma poi Francesco Pausata, ricercatore dell’Università di Stoccolma, .
“Nell’insorgenza di questo periodo freddo finale”, conclude Barbara Wohlfarth, docente dell’Università di Stoccolma e responsabile del progetto, “la calotta di ghiaccio scandinavo giocò sicuramente un ruolo molto più significativo di quanto si pensasse. Il nostro lavoro di squadra mette in evidenza l’importanza degli studi paleoclimatici e – non ultimo in materia – anche il dibattito sul riscaldamento globale in corso”.