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Lo strano caso della Terra che divenne una palla di neve

Scritto da Leonardo Debbia il 19.04.2017

Che cosa avrà causato la più imponente glaciazione nella storia della Terra, allorchè tutto il pianeta fu avvolto da una copertura ghiacciata; il fenomeno conosciuto anche come ‘evento della Terra palla di neve’?

Da anni, geologi e scienziati del clima sono alla ricerca di una risposta, ma la causa dello strano fenomeno rimane ancora incerta.

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Il fenomeno della Terra trasformata in una palla di neve (credit: NASA)

Recentemente, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno provato a formulare una nuova ipotesi su ciò che avrebbe potuto causare la glaciazione ‘totale’, che ibernò la Terra da polo a polo.

Lo studio che ne è scaturito è stato pubblicato su Geophysical Research Letters.

L’avvio del fenomeno risale a circa 717 milioni di anni fa; 100mila anni più, 100mila meno.

In quell’epoca, una ingente manifestazione vulcanica devastò un’ampia area, attualmente collocata tra l’Alaska e la Groenlandia.

Si trattò di una coincidenza?

Francis Macdonald e Robin Wordsworth, professori della Harvard, lo escludono.

“Sappiamo che l’attività vulcanica ha una relazione importante con l’ambiente”, afferma il prof. Macdonald, docente di Scienze dell’ambiente alla Scuola di Ingegneria e Scienze applicate ‘John A.Paulson’ di Harvard. “Ritenemmo che sarebbe stato estremamente importante trovare una correlazione tra questi due eventi di quel lontano passato”.

In un primo momento i due ricercatori presero in considerazione l’ipotesi che l’imponente raffreddamento avrebbe potuto essere stato innescato dall’interazione tra la roccia basaltica effusa in superficie e l’anidride carbonica  atmosferica.

Un processo del genere, tuttavia, avrebbe richiesto milioni di anni e questo non concordava con le datazioni fornite dagli isotopi delle rocce vulcaniche del Canada.

Era necessario battere altre vie.

Gli studi geologici e chimici di questa regione, conosciuta come grande provincia ignea Franklin, mostravano che le rocce eruttate in quel periodo erano ricche di zolfo.

Il concetto di ‘grande provincia ignea’ fu introdotto in Geologia nel 1992, in riferimento ad ampie effusioni laviche, estese per almeno 100mila chilometri quadrati (Deccan, Atlantico centrale), la cui origine era da includersi in movimenti particolari delle placche.

Gas sulfurei immessi nell’atmosfera avrebbero potuto generare anidride solforosa che, spinta negli strati superiori dell’atmosfera, avrebbe costituto una cortina impenetrabile per la radiazione solare, il cui effetto riscaldante sul pianeta sarebbe venuto a mancare.

Del resto, l’eruzione del 1991 del Monte Pinatubo nelle Filippine, che immise 10 milioni di tonnellate di zolfo nell’atmosfera, era riuscita a ridurre le temperature medie globali di 1°F in un solo anno.

Se il biossido di zolfo avesse raggiunto la tropopausa – il confine tra troposfera e stratosfera – esistevano scarse probabilità che potesse esser ricondotto sulla terra dalle precipitazioni o dagli aerosol. Anzi, era quasi certo che sarebbe rimasto in quella zona almeno per un anno di tempo.

E’ stato osservato che lo spessore della tropopausa è in stretta relazione con la temperatura media del pianeta: più la temperatura della Terra è bassa, maggiore è lo spessore di questo strato.

“Finchè la Terra mantenne una temperatura calda, l’attività vulcanica ebbe poca incidenza sul clima: mentre, quando la temperatura iniziò a scendere, il clima del pianeta divenne più vulnerabile all’attività dei vulcani.

“Anche i nostri modelli ci hanno confermato questo processo”, assicura Macdonald.

Un altro aspetto, finora trascurato, era la zona in cui, in quella lontana epoca, le emanazioni solforose potevano aver raggiunto la stratosfera.

A causa della deriva dei continenti, 717 milioni di anni fa la grande provincia ignea Franklin

interessata dall’intenso vulcanismo, si trovava nella regione equatoriale, dove la radiazione solare raggiunge i valori massimi.

Così, la zona da cui poteva entrare la maggior quantità di calore per scaldare la Terra era stata certamente ‘oscurata’ dalla cortina di biossido di zolfo.

Ma lo scenario da ‘tempesta perfetta’, venne perfezionato dalla durata dei fenomeni eruttivi.

Se si pensa all’eruzione del Pinatubo, durata appena un anno, si può immaginare l’effetto dilagante di decine di eruzioni a catena, estese per 2000 miglia, dal Canada alla Groenlandia, per anni e anni.

Il deterioramento climatico fu la logica conseguenza di questi fattori concomitanti.

“Non era necessario poi che il raffreddamento da aerosol congelasse l’intero pianeta. Era sufficiente che il ghiaccio arrivasse ad una latitudine critica, per poi proseguire da solo”, dice Macdonald.

Più aumenta la superficie ghiacciata, più la luce viene riflessa e il freddo aumenta.

Fu sufficiente che il ghiaccio raggiungesse la latitudine della odierna California perché si instaurasse un feedback positivo – la retroazione accennata prima – e il ghiaccio prese il sopravvento, con un effetto a valanga su tutto l’orbe terraqueo.

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